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Una riflessione sul sistema Salute in Italia

Il dramma che sta vivendo l'Italia per la pandemia da coronavirus permette di radiografare, con brutale veridicità, la situazione globale della sanità pubblica italiana. Analisi critica che per anni e anni è andata in letargo, per motivi ideologici. Sembra finalmente che stia cambiando la geografia intellettuale: ora finalmente si denunciano con parole dure le gravi carenze, figlie di improvvide leggi e normative, le quali hanno imposto spietati tagli lineari in nome della mitizzata "austerità espansiva", causando disequilibrio tra salute dovuta e fondi sempre più ridotti. Secondo la Fondazione Gimbe negli ultimi dieci anni sono stati tolti alla sanità pubblica 37 miliardi. Il concetto di uguaglianza diviene utopico e teorico. Un bollettino di guerra. Negli ultimi due decenni sono stati depotenziati o chiusi circa 758 reparti ospedalieri con il taglio di 340 mila posti letto pubblici rispetto al 1981 e la riduzione - per il mancato turn-over da pensionamenti e per errori e insufficienza di numeri nelle prove di ammissione - di circa 10.000 dottori e specialisti e 11.000 infermieri e professionisti dell'area sanitaria.

Quasi un esodo biblico. I fondi per la ricerca scientifica biomedica sono tra i più bassi d'Europa e si è assistito a un declino della meritocrazia. Le strutture pubbliche della salute furono rimodulate con il SSN-Sistema Sanitario Nazionale, introdotto 42 anni addietro. La nuova organizzazione fu subito lottizzata dai partiti, determinando inefficienza e spesso corruzione. La partitocrazia della salute. È singolare che in Italia, paese dell'Europa moderna - industriale, democratica e liberale - permane ancora pervicace una struttura feudale: la sanità pubblica. In questo settore, come nel Medio-Evo, esiste il vassallo, l'uomo politico potente, che risponde al margravio, cioè al partito di riferimento; il valvassore, vale a dire il direttore generale, che si assoggetta al vassallo in cambio di protezione e privilegi, cinghia di trasmissione di clientelismo locale e regionale; infine il valvassino, il povero malato, ultimo gradino della scala sociale privo di ogni garanzia. I risultati sono stati di frequente assai scadenti nel Sud, ove spesso la salute dei cittadini diviene mercato d'affari in un'ottica elettoralistica.

Sotto la gestione imperiale del direttore generale - che dipende dal maggiorente che lo ha fatto nominare - l'organizzazione aziendale ha non di rado fallito i suoi scopi: deficit sempre crescenti; carenza e obsolescenza del parco tecnologico e dei macchinari; governo clinico del malato svilito e avvizzito; cure non adeguate e assenza dei necessari comfort di ospitalità e ambiente. Una vera e propria "questione meridionale". La salute diseguale. Per tali ragioni va ridiscusso il ruolo delle Regioni nella sanità. La concezione mercantile della salute trova conferma nel termine stesso di "azienda". L'ospedale, la clinica, il nosocomio non saranno mai come un'industria che produce scarpe o insaccati. La medicina deve avere anche fondamenta umane, sapienzali e spirituali, con il malato al centro di ogni obiettivo e attività. Ospedali al servizio del cittadino. Al contrario con tale lemma abbiamo una distorsione concettuale: come se le chiese venissero definite "aziende religiose". Le disfunzioni si aggravano per la chiusura di ospedali fondata su parametri teorici. È ben differente l'abolizione di un nosocomio nella pianura padana, dove esiste una massiccia e funzionale rete autostradale, rispetto ad altre regioni con un aspro sistema orogeografico, che obbliga a viaggi di ore su strade impervie.

Ne deriva una sanità disomogenea e variegata come un vestito di Arlecchino. Chi da tempo denunziava questi mali è stato additato quale Cassandra petulante. Da una organizzazione sanitaria pubblica universale, pur apprezzata in campo internazionale alla salute diseguale. Nella nostra attuale terribile condizione fa piacere (anche se con amarezza per il tempo perduto) che venga proposta l'emissione di "Covid-bond", "Buoni per la salute pubblica" a fine di tutelare e dotare il nostro Paese di bastioni forti di eccellenza sanitaria. Aspettiamo fatti concreti. L'intero SSN andrebbe ripensato, in accordo con Silvio Garattini. La buona salute è ancella della buona politica. Abbiamo oggi una certezza: la dedizione eroica di medici, specialisti, infermieri e operatori sanitari capaci di prestazioni al massimo delle capacità e dell'umanità in un terreno spesso limaccioso: ad essi va il nostro grazie e un sentito e pubblico riconoscimento. La risposta generosa dei "soldati di Ippocrate", di cui l'Italia può essere fiera.

Adelfio Elio Cardinale

(ITALPRESS).

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