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Coronavirus: medici in quarantena, malati lasciati soli

Lettera di denuncia, diffusa dall'Ordine dei Medici, di due dottoresse di medicina generale dalla zona rossa in Lombardia: i 4 medici di base della zona del Lodigiano dove si trovano sono in quarantena o ricoverati. I pazienti positivi al coronavirus con polmonite ma non gravi e quindi lasciati a casa, così come tutti gli altri malati - oncologici, cronici - non hanno la possibilità di essere visitati. In sostituzione ai medici di famiglia in isolamento, per un bacino di 6mila abitanti, ne è stato mandato soltanto uno, con in dotazione solo 2 mascherine.

"Siamo due colleghe di un paese nell'epicentro dell'epidemia. Siamo in quarantena da venerdì - si legge nella missiva inviata al presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli e al Presidente dell'Ordine dei Medici di Lodi, Massimo Vajani - e tutti i pazienti che abbiamo visitato a domicilio dal 10 febbraio per patologie respiratorie sono risultati positivi al coronavirus. Io ne ho visti 7, e 6 la mia collega. Due di loro sono morti e 6 di cui abbiamo notizia sono in rianimazione", scrivono, "abbiamo pazienti con polmoniti da Covid-19 accertati, lasciati a domicilio perché non gravi, ma devono essere visitati. Anziani malati, oncologici a domicilio a cui hanno annullato tutte le visite e si sentono abbandonati".

E ancora: "Per senso di responsabilità abbiamo deciso di non muoverci dall'ambulatorio per poter rispondere alle centinaia di chiamate che da venerdì e soprattutto tra sabato e domenica hanno affollato i nostri telefoni, per alleggerire il gravoso lavoro degli altri operatori". "Già da domenica - raccontano - abbiamo segnalato la situazione e trovato due medici disponibili ad aiutarci. Ne è stato mandato uno solo per due paesi, con due mascherine in dotazione. Noi due da remoto facciamo le ricette, ma tutto il personale della farmacia è in quarantena e le titolari servono un paziente per volta dalla finestra, le code sono chilometriche".

Le due dottoresse, che preferiscono non far comparire i loro nomi, descrivono una situazione decisamente difficile: "Ieri il collega appena arrivato, nonostante i cartelli, si è trovato in ambulatorio un paziente febbrile e dispnoico. È arrivato il 112 adeguatamente protetto, ma lui con la sua unica mascherina ha dovuto pulire poi la sala d'attesa". Intanto, "la mia collega qui con me in ambulatorio ha fatto il tampone domenica 23 e ancora non le è stato comunicato il risultato".

Le due dottoresse a conclusione della lettera chiedono che venga inviato subito un medico dotato di adeguate misure di protezione che possa visitare anche le persone con febbre. La riapertura del Pronto Soccorso di zona (Codogno o Casale) e dei laboratori di analisi: "Lodi scoppia - dicono - abbiamo vissuto altre emergenze e sempre si si sono aperti ospedali da campo, qui ne abbiamo 2 semivuoti e sono stati chiusi". Infine chiedono che gli ospedali vicini si facciano carico dei pazienti gravi, specie quelli oncologici, non positivi.
   

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