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Aids: caccia a 'sommerso' ed educazione per sconfiggere l'Hiv

Quindicimila persone che in Italia non sanno di essere sieropositive, una scarsa consapevolezza che chi segue la terapia non è più infettivo, che fa sì che ci sia ancora un forte stigma per i pazienti, e l'assenza di un vaccino, anche se uno studio che sta per essere avviato anche in Italia potrebbe cambiare la situazione. Queste le principali criticità nella lotta all'Hiv emerse durante la conferenza 'Hiv - Presente e futuro del paziente cronico' che si è tenuta oggi a Roma.

Negli ultimi 7 anni, hanno sottolineato gli esperti, il numero di nuove diagnosi è sostanzialmente stabile, con il problema però che il 50% di queste avviene con la malattia già in fase avanzata. "C'è molto da fare dal punto di vista dell'educazione - ha spiegato Massimo Galli, presidente della Società Italiana di Malattie Infettive (Simit) -, un'educazione sessuale corretta, che rispetti tutti gli orientamenti sarebbe importante. Oggi si infettano giovani uomini che fano sesso con altri uomini, che confidano nel fatto che c'è una cura, ma anche eterosessuali che ancora pensano che il contagio sia una cosa che non li riguarda. Il virus va cercato anche tra i migranti, senza nessun pregiudizio, soprattutto se provengono da paesi dove ci sono molti casi".

Per riuscire ad eradicare il virus, hanno spiegato gli esperti, serve un vaccino preventivo. In questo senso ci sono forti speranze su uno studio internazionale, chiamato Mosaico, che arruolerà 3800 persone in otto paesi tra cui l'Italia per testare un candidato che nelle prime fasi ha dato buoni risultati. "Per ora dobbiamo analizzare cosa fa il vaccino, se è ben tollerato e se dà una buona risposta immunitaria - ha spiegato Adriano Lazzarin dell'ospedale San Raffaele di Milano -. Ci si aspetta che questo test riesca a farci capire se e perchè funziona e aprire la strada a uno studio più ampio di efficacia".

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