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Filippo, dopo la malattia ho trovato sorrisi veri in un progetto

Una famiglia acquisita, in cui non serve nemmeno parlarsi tanto per capirsi. Ma ci si diverte, si ride e si cerca di fare soprattutto cose concrete per i ragazzi adolescenti che affrontano oggi una neoplasia. Attività con loro e supporto, creando un ponte tra vita normale e percorso di cura. Così Filippo Ceci descrive "4you", progetto ideato all'ospedale pediatrico Bambino Gesù grazie all'oncologo Giuseppe Maria Milano per i ragazzi con un tumore e composto proprio da giovani come loro. Che la malattia l'hanno già affrontata. Filippo ne fa parte perché nel 2012 è stato colpito da una mielodispasia aplastica, una malattia ematologica.

"Tutto è iniziato nel luglio 2012- spiega Filippo- erano venuti fuori i quadri dell'anno scolastico e io che frequentavo un liceo classico romano avevo debiti in tre materie e dovevo seguire i corsi di recupero. Iniziavo però a percepire stanchezza, affaticamento. Il cuore tachicardico. Dormivo e al mattino mi trovavo con lividi sulle braccia. Sono cominciati anche i primi sintomi di un deficit immunitario, una settimana di febbre sempre alta, raffreddore.

Ho parlato con i miei genitori e abbiamo concordato che fosse opportuno fare degli esami del sangue: due ore dopo averli effettuati il medico ha chiamato mio padre dicendogli di portarmi con urgenza in ospedale perché avevo l'emoglobina che aveva raggiunto il valore di sei. Sono stato ricoverato in codice giallo al Bambino Gesù e per la diagnosi sono trascorse due settimane: si pensava a una leucemia, era una mielodispasia aplastica".

Filippo comincia una terapia sperimentale. Il ragazzo inizia dei cicli di farmaci con controllo trisettimanale, da settembre a gennaio. In questo percorso due-tre settimane in isolamento. Grazie alla terapia dopo sei mesi Filippo diventa autonomo nelle trasfusioni di sangue e piastrine , necessarie come specifica "per rimanere sopra la soglia di sopravvivenza". Sempre in quel periodo è costretto a rinunciare alla scuola per le difese immunitarie troppo basse, ma sono ben sette gli amici che al giorno vengono a trovarlo a casa, levandosi le scarpe, mettendo la mascherina e stando attenti all'igiene in particolare delle mani.

"Provavo rabbia all'inizio- prosegue Filippo - ma non ho mai avuto paura di morire. A quell'età in particolare ti senti immortale, dopo certe cose in realtà non è più così. La mia più grande paura e quello che mi faceva rabbia era perdere tempo mentre la vita degli altri continuava. Mi aggrappavo alle piccole cose quotidiane e osservavo da una 'finestrella' le vite degli altri. Pensavo però al tempo stesso ai miei programmi e sogni. Di quel periodo ricordo anche la grande fame che avevo: del cocktail sperimentale di farmaci faceva parte anche il cortisone, la fame assorbiva il 50% dei pensieri".

"A gennaio il dottor Locatelli, autore di molte 'magie' che avvengono al Bambino Gesù- aggiunge Filippo- mi dice che la situazione è stabile, i globuli bianchi sono un po' più alti ma non in una soglia per tutti e tre i valori considerata accettabile per passare alla seconda fase e che avremmo visto come andava con il trapianto di midollo". "Nella sfortuna avevo in gruppo midollare raro: a febbraio, marzo aprile sono tornato scuola per quello che potevo, in realtà alla fine ho fatto la scelta di farmi bocciare per poter riaffrontare meglio l'anno, e aspettavo- sottolinea- tra febbre, farmaci da prendere, cercavo di fare una vita normale, con un controllo a settimana".

A maggio-giugno si capisce che il donatore non arriverà a breve, Filippo inizia a programmare l'estate. Invece, a fine luglio il trapianto: un momento che il ragazzo definisce "commovente". "Entravo felicissimo- specifica - ma a livello fisico e non solo è stato un momento pesante". Vengono utilizzate le staminali del papà, che dopo una particolare lavorazione raggiungono un 80-90% di compatibilità. Il 25 luglio gli installano un catetere all'altezza della parte destra del petto, che Filippo tiene per diverso tempo, fa una terapia cosiddetta di 'azzeramento' in isolamento e poi il trapianto. Gli viene infusa una sacca che lui ricorda di colore violaceo, e poi dopo qualche giorno si vede che il midollo inizia ad attecchire.

Dopo meno di un mese viene mandato a casa, nei quattro successivi vive come in una bolla di protezione per le basse difese immunitarie. Da settembre a gennaio Filippo evidenzia infatti di non essere riuscito a fare nulla: quando gli staccano finalmente il catetere capisce che ora deve solo riprendersi. Oggi, dopo aver recuperato due anni in uno e aver fatto la Maturità, studia Fisioterapia ed è al terzo anno.

Con l'impegno in 4You dice di aver riscoperto "se stesso e dei sorrisi veri". A chi si trova oggi ad affrontare una neoplasia consiglia di far si che "i pensieri non rovinino le giornate, attivandosi per fare qualcosa e di concentrarsi su alcune cose", come nel suo caso è accaduto per la fame, gli amici che venivano a trovarlo e i sogni per il futuro. Lo stuzzica il pensiero di una radio web del Bambino Gesù e ha frequentato un corso di sommelier attivato per chi è stato paziente dell'ospedale.

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