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Donatella Versace: dopo la morte di Gianni per anni in stato di shock

 Donatella Versace si racconta in un'intervista pubblicata da Vogue Italia, in edicola dal 4 marzo. La sua immagine è nella cover immortalata da Mert & Marcus. Nel corso del suo racconto la stilista affronta anche l'argomento doloroso della morte di suo fratello Gianni Versace.
    "La verità? - rivela - Sì, perché mi sono liberata. La morte di mio fratello è stata così brutale che ho passato anni in stato di shock, senza farmene una ragione. Il nostro rapporto era complice, io ero la sua ombra, vivevamo insieme sul lavoro e nel privato. Ricordo ancora di quando organizzava queste grandi feste e poi all'improvviso andava via, dicendomi 'fai tu, io vado a letto'. E io lì, a intrattenere le rockstar che mi chiedevano 'dov'è Gianni?'. Eh, ora arriva. Per questo, agli inizi, sono stata insicura, mi sentivo gli occhi del mondo addosso, sentivo nell'aria della diffidenza: ero lì, a fare il direttore creativo, non certo perché qualcuno mi aveva promossa, ma perché dovevo sostituire lui. Non mi sento di aver realizzato collezioni bellissime, agli inizi, e a volte, quando guardo vecchie foto, inorridendo, cerco di dare la colpa al mio team creativo. Non è che questo l'avevi fatto tu? Cercavo di seguire la corrente del minimalismo, ma non era il mio stile". Tutto è cambiato quando tutti hanno iniziato a chiederle dove poter trovare jeans e camicie vintage di Versace, che lei indossava.    Ha percepito una grande voglia di tornare al massimalismo.
    Quando le viene chiesto se si è mai sentita ostacolata, racconta: "Neanche una volta, anche se ci hanno provato tutti, soprattutto agli inizi: 'Sei una donna, occupati di fare i tuoi vestitini poi noi decidiamo se vanno bene o no': a dirlo erano uomini con la cravatta e il completo grigio, laureati in Economia, che pensavano di sapere cosa avrebbe funzionato senza mai essere usciti di casa. Una laurea l'ho presa anche io, eh, ma la moda non si può insegnare, devi essere tu a guardarti intorno, uscire, capire. E ho pensato, dopo molti anni, che se Gianni mi consultava per tutte le sue decisioni più importanti, forse non ero così incompetente come volevano farmi credere".
    (ANSA).
   

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