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Tricò lo stilista delle regine

E' un romanzo di formazione ed anche una storia di famiglia, il racconto della creatività che diventa arte e industria, la vicenda di un'Italia che riesce ad affermarsi nel mondo partendo dal salotto di casa. E' tutto questo il bel libro in cui Andrea Scazzola e Francesca Romana Carpentieri, Tricò. Lo stilista delle regine (Mazzanti Libri, pag. 171, Euro 20,00)  hanno messo in fila i racconti che lo zio Pierluigi ha voluto donargli nei lunghi mesi di malattia in cui lo hanno amorevolmente coccolato non soltanto con l'amore che si prova nei confronti di una persona di famiglia ma per tutto quel nucleo denso di significati che la sua storia aveva rappresentato per il loro privato e il pubblico.
    Tutto parte da un quartiere romano, il Flaminio, nella primavera del 1982, quando un uomo magro ed elegante decide di vendere il grande arazzo del salotto che in qualche modo era stato il palcoscenico ''familiare'' dove tutto era iniziato e lo compra un acquirente silenzioso e misterioso, come a dire che nulla era più come prima. E allora il salto indietro è inevitabile, all'infanzia dei fratelli Scazzola, ovvero Pierluigi , che frequenta il liceo Classico al Convitto nazionale e il fratello Luciano che morirà a 55 anni, matita e anima amministrativa, poi i genitori Giulio e Bianca, e la cognata Fiorenza senza la cui intraprendenza e competenza nulla sarebbe stato uguale. Tutto questo sarà Tricò, ovvero il marchio che diventa una prima autonoma boutique nel 1961 con l'apertura dell'atelier a Via Gianturco, che da quel primo salotto del Flaminio con l'arazzo vola sulla pelle delle donne più belle e famose del mondo a segnarne le curve con eleganza e personalità, coniugando trasgressiva innovazione a semplicità classica.
    Pierluigi si sa non amava la filosofia, preferiva piuttosto disegnare figurine esili di donne sui bordi del libro e dopo diversi anni di studio e di lavoro quella diventerà finalmente la sua vita ma prima dovrà provare la strada di una laurea in giurisprudenza e un impiego all'Inpdai.
    E la magia vuole che dal primo abito, semplicissimo ed unico insieme, creato per la contessa Consuelo Crespi sia proprio la maglia ad entrare nel dna dello stilista e delle sue collezioni che conquistano il mondo. La prima sfilata alla Galleria Nazionale d'arte moderna di Roma allora diretta da Palma Bucarelli, signora dell'arte che da subito aveva creduto in quel ragazzo alto e magro come una scultura di Giacometti. Poi il salto a Parigi grazie a Irene Brin che lo porta sulla passerella di Pierre Cardin. L'apice del successo arriverà a metà degli anni Sessanta, conquistando Parigi, Mosca, New York, per tornare a scendere dalla scalinata di Trinità de' Monti a Roma.
    Maglia che fascia donne di bellezza divina come Jacqueline Kennedy, Audry Hepburn, Lauren Bacall, Claudia Cardinale, Allegra Agnelli, le regine di Grecia, Belgio, Danimarca.
    Insomma il Made in Italy quando entra nella leggenda. (ANSA).
   

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