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Altaroma, l'Accademia Maiani premia l'abito inutile

 L'abito di Alice potrebbe essere quello vincente: la gonna gonfiata, stretta da una cintura che sorregge l'impalcatura dell'abito che ha come elemento centrale una grande clessidra trasparente e girevole piena di liquido brillante, perché per Alice e per il suo onirico mondo a cui chiedere per quanto tempo dura Il per sempre, l'unica risposta possibile è: A volte solo un secondo. Guillermo Mariotto e Stefano Dominella sono nella giuria che decreterà domani l'abito "più inutile" della collezione degli studenti dell'Accademia Maria Maiani, che presenta una collettiva ispirata dagli anni Trenta e dalle visionarie macchine di Bruno Munari, trasferendo il concetto d'inutilità su abiti che usano invece l'utilità del movimento come elemento essenziale per sovrapposizioni cromatiche e scomposizioni geometriche. Tutto si muove e oscilla in abiti dove organze colorate si sovrappongono a costruire tute fluttuanti o impermeabili scollati. Tutto è irragionevole in un mondo capovolto dove i capi perdono la loro funzione. L'impermeabile è di plastica trasparente e organza, un bikini che ha come elemento decorativo centrale un vecchio disco numerato del telefono. L'abito a sirena bianco prende vita con triangoli e oblò vuoti riempiti di feltri blu, gialli e neri.

Assemblaggi di forme triangolari in carta tessuto ricordano le nervature del legno e diventano decorazioni in 3D. Origami per corpetti da indossare sopra pantaloni palazzo verde, per code e strascichi di abiti pensati da fantasie fiabesche. Outfit semplici giocati sul bianco, rosso e argento, pantaloni, gonne, corpetti costruiti sul movimento di fasce leggere e ricamate da punti luce e strass, fissate al tessuto da perni che le fanno dondolare come pendoli.

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