Sabato 23 Novembre 2024

Il ministro Nordio: «L’autonomia della magistratura non è trattabile»

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il presidente della corte d’Appello di Milano Giuseppe Ondei
Il procuratore generale di Napoli Luigi Riello
Il procuratore generale di Palermo, Lia Sava (foto di Alessandro Fucarini)

Nel giorno in cui i distretti giudiziari celebrano l’avvio del nuovo anno di attività, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, difende l’architrave delle riforme fissando un confine invalicabile e «non trattabile: l’indipendenza e l’autonomia della magistratura». Il numero uno di via Arenula, parlando a Venezia, ha definito «insinuazioni» quelle relative alla sua intenzione di «sottoporre il pubblico ministero al potere esecutivo. Se non avessi una concezione di sacralità dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura, non avrei esercitato e mantenuto la toga per 40 anni», ha aggiunto annunciando che «la digitalizzazione e l’implementazione telematica sono la priorità del ministero perché la lentezza dei processi, soprattutto civili, ha un grandissimo impatto negativo sull'economia: costa 2 punti pil al nostro Stato». Parole che arrivano nel giorno in cui dalle Corti di Appello arriva, quasi unanime, un grido d’allarme sui problemi legati all’applicazione della riforma Cartabia, sulle carenze di organico e sull'importanza delle intercettazioni. Da Palermo a Torino, da Napoli a Milano, i magistrati hanno ricordato nei loro interventi l’importanza dello strumento investigativo, non solo contro la grande criminalità organizzata. «Contro i mafiosi occorrono intercettazioni più efficaci», affermano da Palermo. «Per contrastare efficacemente fenomeni corruttivi occorrono anche le intercettazioni, strumento che non va spuntato ma che impone, ne siamo assolutamente consapevoli, il rigorosissimo rispetto delle regole codicistiche», ha detto il procuratore generale del capoluogo siciliano, Lia Sava. Dal canto suo il pg di Torino, Francesco Saluzzo, ha ammonito che la lotta alla «mafia non è vinta» e occorrono «sempre più strumenti per svolgere indagini penetranti e incisive». Per il pg di Napoli, Luigi Riello, «nessuno vuole guardare dal buco della serratura. Pensare di legiferare in maniera schematica di fronte a una realtà così complessa e fluida è estremamente sbagliato». Taglia corto Franco Cassano, presidente della Corte d’appello di Bari, per il quale «va allora rimarcato che le intercettazioni sono strumenti indispensabili alle indagini, cui non è possibile rinunziare». Le criticità legate all’entrata in vigore della Cartabia sono state un punto centrale nelle relazioni. «È giusto preoccuparsi per il fatto che alcune modifiche al regime di procedibilità di alcuni delitti - ha detto il pg di Milano, Francesca Nanni -possono sostanzialmente lasciare prive di effettiva tutela molte vittime» mentre per il presidente della Corte d’Appello di Roma, Giuseppe Meliadò, il rischio è che «nell’arco di pochi anni la riforma rischia di produrre effetti sicuramente paralizzanti per la giurisdizione penale».  Secondo il pg di Reggio Calabria, Gerardo Dominijanni, se la «normativa sulla improcedibilità fosse entrata in vigore prima, in un anno, per l'85% dei processi per reati comuni verrebbe dichiarata l'improcedibilità». Altro tema caldo resta quello degli organici. Le riforme finalizzate a raggiungere i traguardi posti dal Pnrr «senza interventi» sull'adeguamento del numero dei magistrati, spiega il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Ondei, rischiano di fare «la fine della polvere al vento». Per Elisabetta Vidali, numero uno della Corte d’appello di Genova, «la crisi della giustizia non è una crisi degli strumenti, bensì una crisi, soprattutto, delle risorse. L’approvvigionamento strumentale, semmai ci sarà, non potrà risolvere i problemi evidenziati in assenza di un adeguamento degli organici». Per quanto riguarda lo stato di «salute» della giustizia, per quanto concerne i reati, in più distretti si è registrato un aumento di quelli predatori, come furti e rapine, e di femminicidi e contro la persona. In crescita le violenze tra i minori e il fenomeno delle cosìdette baby gang. Per quanto riguarda l’attività delle Dda da Roma arriva il monito sugli stanziamenti legati al Giubileo e al Pnrr che «rendono concreto il pericolo di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata: una macchina burocratica lenta e farraginosa è il principale terreno di coltura di tali pericoli».

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