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Malati cronici di reni, un aiuto arriva dal... vino bianco

Il consumo deve essere moderato

ROMA. Un consumo moderato di vino bianco sotto controllo medico potrebbe essere d'aiuto nel diminuire l'infiammazione nei pazienti nefropatici, che hanno cioè un'infiammazione cronica ai reni. Lo afferma uno studio coordinato dall'università degli Studi di Milano e pubblicato dalla rivista Blood Purification, secondo cui, in queste patologie infiammatorie, l'effetto è maggiore se si combina il vino con l'olio extravergine di oliva.

L'analisi è stata condotta, presso l'unità di Nefrologia e Dialisi dell'Ospedale Versilia a Viareggio, su 10 pazienti con patologie croniche dei reni confrontati con 10 volontari sani.
Questi pazienti erano soliti consumare vino rosso ed è stato chiesto loro di sostituirlo con un vino bianco, di prezzo moderato e comunemente reperibile nei supermercati, sotto
stretto controllo medico. Dopo un periodo di 15 giorni di astinenza i soggetti sono stati assegnati o a una dieta con un consumo controllato di vino bianco, circa due o tre bicchieri al
giorno, insieme a olio di qualità o a una solo con l'olio extravergine per dieci giorni, per poi invertirle. «Il consumo di vino bianco in pazienti nefropatici - spiega Alberto Bertelli, uno degli autori e il coordinatore della ricerca - produce un abbassamento dei parametri infiammatori IL6 e PCR di circa il 40% in 15 giorni di trattamento. Si dimostra una
sinergia positiva con il consumo di olio extravergine di oliva nella dieta. Una possibile spiegazione al fenomeno è data dall'effetto biologico di alcuni monofenoli (tirosolo e
idrossitirosolo) presenti nell'olio extravergine di oliva e nel vino bianco».

Tali conclusioni, afferma infine Bertelli, «meritano di essere confermate da uno studio clinico con un maggior numero di pazienti e protratto per maggior tempo ma già sin d'ora possiamo
dire che anche il consumo moderato di vino bianco, in queste patologie infiammatorie, ha un effetto positivo per la salute e potrebbe contribuire a migliorare la qualità della vita di pazienti che già subiscono fin troppe restrizioni dietetiche».

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