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L’arancia rossa nel Nord Europa Migliora l’export, ma strada lunga

Il frutto siciliano sempre più apprezzato per le caratteristiche organolettiche garantite dal marchio Igp. Ma supera i confini nazionali solo il 12 per cento della produzione

RAGUSA. Cresce l'interesse per l'arancia rossa di Sicilia nei mercati esteri, principalmente del Nord Europa, sempre più apprezzata per le sue caratteristiche organolettiche garantite dal marchio Igp che differenzia il prodotto pigmentato siciliano coltivato nei territori attorno all'Etna. Undici milioni sono stati i quintali di arance prodotte l'anno scorso, quantità ridotte a causa dell'andamento climatico avverso (con una flessione complessiva del 18%), ma il prodotto ottenuto è stato di qualità eccellente. Il periodo certo non è dei migliori. «Il mercato in generale - spiega Sebastiano Cosentino titolare di un'azienda di Lentini, alla quinta generazione - ma soprattutto quello nazionale risente della situazione economica che stanno vivendo i consumi, non solo degli agrumi, ma di tutta l'ortofrutta. I consumi sono in contrazione e se a questo aggiungiamo una maggiore produzione a livello di bacino del Mediterraneo è chiaro che la situazione non sia delle più rosee». Nonostante ciò l'attenzione del mercato nazionale per l'arancia rossa IGP resta davvero alta. «Il mercato italiano è quello che da sempre riserva la maggiore attenzione alle nostre arance rosse (Tarocco, Moro e Sanguinello) - aggiunge Salvo Laudani, Marketing Manager della Oranfrizer -. Esso assorbe la parte prevalente della produzione. Nell'assortimento di una primaria catena di supermercati, le arance pigmentate rappresentano un prodotto traino assolutamente obbligatorio. Va anche detto che il mercato italiano, per il livello dei consumi pro-capite di frutta, è uno dei più ambiti in Europa ed è oggetto di consistenti attività di esportazione da molti paesi produttori di agrumi del Mediterraneo. Le importazioni in Italia di agrumi provenienti dall'estero superano le esportazioni. Anche se l'interesse per le nostre arance rosse in Europa appare certamente crescente rispetto a qualche anno fa».
Proprio così: qualcosa si sta muovendo, l'export di questa eccellenza sta migliorando anche se riguarda oggi solo il 10-12% della produzione. «Dopo anni nei quali si osservava una costante perdita di quote di mercato - aggiunge Alessandro Scuderi, presidente del Consorzio di Tutela dell'Arancia Rossa - si nota ora un'inversione di tendenza, perché grazie all'operato di molti operatori commerciali lungimiranti, sono state fatte delle campagne di comunicazione che hanno permesso di riattivare l'interesse per il nostro prodotto». In particolare il 2013 è stato un anno importante per il posizionamento del prodotto. «C'è stata - aggiunge Scuderi - un'azione di marketing sinergico fatto attraverso iniziative nei punti vendita in Italia e all'Estero, attraverso spot radio, promozioni in Autogrill e poi la sponsorizzazione nel campionato di calcio del Catania». Ma come prima detto solo un 10-12% supera i confini nazionali. I nostri rivali spagnoli producono il doppio dei nostri agrumi con un export pari al 62%, grazie ad un'ottima rete commerciale. Ma fare rete in Sicilia non è cosa facile. Come spiega il presidente del Consorzio di Tutela, gli operatori hanno sempre una certa diffidenza. «Tutti partono dal concetto che ciò che si fa è meglio di ciò che fa l'altro e che il proprio marchio vale molto di più. Tuttavia da alcuni anni le aziende più rappresentative hanno capito che condividere il progetto comune dell'IGP può rappresentare uno strumento di differenziazione e valorizzazione molto interessante».
Per Salvatore Battiato, presidente O.P. Agrisicilia, basterebbe poco per essere più competitivi nei mercati esteri: serve solo organizzarsi. «Servirebbe una maggiore aggregazione delle singole aziende all'interno delle organizzazioni di produttori - afferma Battiato -. Grazie a queste strutture si può meglio concentrare l'offerta e quindi avere più peso contrattuale presso le GDO nazionali ed estere, si può meglio accedere ai finanziamenti nazionali e comunitari che permetterebbero alle aziende di rimodernarsi, essere più competitive e dove possibile di ridurre i costi di produzione».

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