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Us Open, la stampa americana snobba la finale italiana e il trionfo di Flavia

Serena, l'imbattibile, talento strepitoso che ha collezionato sempre record e partite memorabili, finisce, anche da sconfitta, nelle prime pagine dei media americani ma pur sempre da eroina

NEW YORK. Sembra quasi una maledizione cabalistica questo 11 settembre per gli americani. Prima, la storia contemporanea che cambia drammaticamente nel 2001, poi, la storia del tennis che volta pagina lo scorso venerdì, per l'America in maniera drammatica. Due episodi di portata completamente diversa ma uniti da due numeri: undici come giorno e nove come mese. Non è andata proprio giù agli americani questa vittoria tutta bianca, verde e rossa. La stampa, la stessa che ha sempre osannato Serena Williams, trasformandola da eccellente tennista a diva hollywoodiana, regina delle copertine patinate e talk show, ha visto sbriciolare in un campo di tennis milioni di dollari e un fenomeno mediatico che ha preso, negli anni, il sopravvento su quello sportivo. Serena, l'imbattibile, talento strepitoso che ha collezionato sempre record e partite memorabili, finisce, anche da sconfitta, nelle prime pagine dei media americani ma pur sempre da eroina. La notizia dell'11 settembre non diventa la commemorazione del quattordicesimo anniversario dell'attentato alle torri gemelle, nè la vittoria storica delle due italiane ma la sconfitta di Serena. L'enfant prodige del tennis, ribalta i titoli e la portata della notizia.

Non è Roberta Vinci, questa autentica e bravissima tennista italiana che ha sfacciatamente e meritatamente sconfitto Serena Williams, a guadagnarsi le prime pagine. È ancora e sempre  Serena. La copertina è ancora per lei, per la Williams, celebrata come un eroe greco sconfitto. Le italiane, Roberta Vinci e Flavia Pennetta diventato «unseeded», che potremmo tradurre come non  teste di serie, sconosciute. Da Usa Today al New York Times, il venerdì nero dell'11 settembre, nonostante l'arcobaleno nella  Grande Mela, celebra la Williams. Il giorno dopo, quando Flavia Pennetta si porta a casa il titolo, in un match tutto italiano, la notizia passa in secondo piano. Se non del tutto ignorata, non è mai in apertura. Il più crudele è l'account twitter degli US open, che giocando sui cognomi Pennetta e Da Vinci (Pennetta Pasta e Da Vinci Code), commenta con toni razzisti e da stereotipi la vittoria delle due italiane, ricordando che mentre le due, nel 2009, vincevano il campionato junior a Parigi, la Williams si portava a casa, nello stesso anno, la prima vittoria agli US Open. Non si tira indietro neanche USA Today che chiama countrywoman, ragazza di campagna, Roberta Vinci mentre gli stessi Washington Post e NBC news, che il giorno prima avevano dedicato l'apertura alla diva Serena Williams, spostano la vittoria di Flavia Pennetta a fondo pagina. Il NY Times, con un dente avvelentato, in un articolo a firmadi David Waldstein, sottolinea che Roberta Vinci, la stessa che aveva sconfitto la Williams non riesce a bissare la performance vittoriosa con la rivale e connazionale. Come dire: il suo è stato solo un colpo di fortuna. Stesso tono e stesso messaggio del NY post che apre l'edizione con gli US open ribadendo il mancato bis del successo di Roberta Vinci.

Sono in crisi questi americani, sempre in cerca di eroi da trasformare in personaggi televisivi e super star da prima pagina. È in crisi il tennis americano, che negli ultimi venti anni si è concentrato sempre e solo su Serena Williams o al massimo sulla sorella. A Serena, eroina di sempre, le pagine americane le dedicano l'ultimo commiato. Domani, lo stesso quarto potere che l'ha portata in alto, si dimenticherà di lei e le chiuderà le porte in faccia mentre le nostre bravissime «countrywomen» si godono il caldo  abbraccio e l'entusiasmo che meritano dalla stampa italiana.

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