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Ciclista belga muore al Giro d'Italia

Tragedia durante la corsa rosa. Wouter Weylandt, 26 anni, ha perso il controllo della bici ed è andato a sbattere contro un guardrail. Inutili i soccorsi

RAPALLO. Doveva essere un'altra giornata di festa, è finita invece in tragedia. Ancora un morto nel ciclismo. E' ancora nitido il ricordo di Fabio Casartelli deceduto nel '95 sulle strade del Tour. Questa volta la tragedia si consuma al Giro d'Italia in una bellissima giornata di sole. Come quella di ieri, la terza tappa, da Reggio Emilia a Rapallo, doveva essere un'altra adatta ai velocisti. Nessuno poteva nemmeno lontanamente immaginare un epilogo così tragico.    
La tragedia di Wouter Weylandt - nel 2010, quasi esattamente un anno fa, il 10 maggio, vincitore nella terza tappa olandese del Giro - si è consumata a 25 chilometri dal traguardo nell'ultima parte della discesa del Passo del Bocco, il punto più alto della frazione di oggi, a 957 metri sul mare. Il belga faceva parte di un gruppetto di inseguitori e stava scendendo a velocità molto sostenuta. In una curva ha perso il controllo della bici andando a sbattere violentemente contro il guardrail. L'auto medica del Giro era dietro a lui e si è subito fermata. Immediatamente si è capita la gravità della situazione.     
Al corridore è stato tagliato il cinturino del casco e subito praticato un messaggio cardiaco. Sono stati chiamati l'ambulanza e l'elicottero del 118, che da Genova si è portato sul luogo dell'incidente trovando però difficoltà nell'atterraggio. E' intervenuto anche il soccorso alpino.    Impressionanti le prime immagini: il ciclista appariva con il volto insanguinato e la maglietta strappata sul petto. Weylandt é rimasto esanime sull'asfalto, i medici hanno cercato di rianimarlo. "Siamo arrivati immediatamente - ha detto il medico del Giro Giovanni Tredici -, eravamo dietro al suo gruppo. Era in stato di incoscienza, con una frattura della base cranica e con il massiccio facciale compromesso. Dopo 40 minuti di massaggio cardiaco abbiamo sospeso la rianimazione, d'accordo con il 118, perché non c'era più nulla da fare".    
Gli ultimi chilometri della tappa si sono corsi in un clima surreale. "Noi siamo passati poco dopo l'incidente - racconta Gianni Savio, ds dell'Androni Giocattoli -. Abbiamo visto una scena agghiacciante".    
Si è capita subito la gravità della situazione, anche se i corridori non sono stati informati e lo spagnolo Vicioco, vincitore della tappa, ha tagliato il traguardo felice con le braccia al cielo. La direzione del Giro ha immediatamente annullato ogni festeggiamento del dopo-tappa. Imbarazzo anche da parte della Rai, che ha interrotto anzitempo la diretta. Mentre la Leopard, il team di Weylandt, si è chiusa nel suo pullman. Al termine della tappa clima mesto ovunque e molti occhi lucidi. Non ha fatto festa nemmeno la nuova maglia rosa David Millar.    
Purtroppo non è la prima volta che al Giro avvengono queste tragedie. L'ultimo lutto sulle strade della corsa rosa è stato Emilio Ravasio nel 1986: sbatté violentemente la testa sull'asfalto e morì dopo 15 giorni. Nel '76 uno spagnolo, Juan Manuel Santisteban, cadde in discesa come Weylandt nella prima tappa siciliana, andando a urtare anche lui contro un guardrail. Due anni fa ando' meglio a un altro iberico, Pedro Horrillo Munoz: finì in un burrone nel bergamasco e venne ripreso con un elicottero. Riportò diverse fratture, rimase in coma ma dopo qualche mese si riprese.

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