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Vancouver, all’inaugurazione sfilate tra le lacrime

Cerimonia nel segno del lutto dopo la morte dell'atleta georgiano Nodar Kumaritashvili. Giorgio Di Centa con il tricolore in alto: "Orgoglioso di rappresentare questa Italia"

Vancouver. Il drappo nero sulla bandiera a mezz'asta dei suoi connazionali, lo stadio in piedi, qualche lacrima, la dedica alla memoria in avvio e il minuto di silenzio alla fine. Le tracce della morte choc di Nodar Kumaritashvili, lo slittinista georgiano schiantatosi contro un palo mentre provava il suo esordio olimpico, scorrono silenziose nel fragore dello show, quello milionario dei Giochi, che va avanti comunque. Non dimentica, ma continua la sua corsa: e così senza sostanziali cambiamenti di programma la cerimonia ha   dato il via alla XXI edizione delle Olimpiadi invernali, sebbene funestate poche ore prima dalla tragedia. Va in onda in mondovisione, davanti a miliardi di telespettatori e ai 60mila del B.C.Place, lo spettacolo del Canada che per la terza volta ospita la rassegna a cinque cerchi, dopo Montreal '76 e Calgary '88: ed è un Paese intero quello messo in scena in tre ore, con tutte le sue anime, indiana, europea, il vecchio e il nuovo. Poi  i colori: il bianco candido della prima cerimonia al coperto viene sfregiato per qualche istante dal nero dei monitor su cui scorre la scritta per lo slittinista. Ma la scena la rubano gli atleti. Le 82 nazioni, con il rosso a dominare le divise: una macchia intensa quella del Canada che chiude tra gli applausi scroscianti la sfilata. Passa anche l'iraniana Marjan Kalhor: un velo grigio sulla testa, stretta in un abito elegante. Poco prima aveva sfilato l'elegantissima Italia, in cappotto grigio e cachemire: Giorgio Di Centa con il tricolore in alto davanti a tutti, due passi dietro il capo delegazione Raffaele Pagnozzi, e alle spalle la composta squadra. "E' un'emozione indescrivibile - racconta il fondista, due ori ai Giochi di quattro anni fa - solo ora mi rendo conto di quanto sono orgoglioso di rappresentare questa Italia: ringrazio chi mi ha fatto questo   regalo. Ho tenuto questa bandiera non pensando solo a me, ma a tutta la squadra e mi auguro che ora anche la gente che sta lontano ci sostenga. Entrando in questo stadio, con tutto il bianco a ricordare la neve, ho pensato a un mondo libero, e a questo le Olimpiadi devono far pensare".
Era toccato sfilare con la morte nel cuore anche al piccolo gruppo di georgiani: Nodar non c'é più, e loro con le lacrime agli occhi e una sciarpa nera al collo, seguono l'alfiere, lo sciatore Iason Abramashvili, tra le ali di uno stadio tutto in piedi. Poi ancora luci e colori, e festa quando scorre lo squadrone americano. Il mondo è di nuovo riunito per celebrare il rito olimpico, questo è quello della neve e del ghiaccio: l'inverno. Ma il Canada vuole ricordare anche gli altri colori, la Primavera, i campi di grano dell'estate, la pioggia   dell'autunno. E le foglie d'acero, simbolo del Paese del  Nordamerica, che inondano tutto l'impianto. Il presidente del  Cio, con la voce rotta dall'emozione ricorda la tragedia del georgiano e la sofferenza che in questo momento sta vivendo   tutta la delegazione. E parla dei Giochi puliti: stop al doping. 
L'apertura ufficiale l'affida a una donna, il governatore del   Canada, un'altra Michelle, che di cognome fa Jean. L'ultima scena è per la fiaccola: entra nello stadio, passa nelle mani della pattinatrice Catriona LeMay Doan, del cestista Steve Nash,  dell'ex regina della neve Nancy Greene per finire in quelle della leggenda dell'hockey nazionale, Wayne Gretzky. Si accende il tripode ultratecnologico, il fuoco brilla su Vancouver. Ma resta l'ombra della morte, e il silenzio: un minuto intenso con  cui il piccolo mondo olimpico ricorda un ragazzo che sognava i Giochi e non li vivrà.  

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