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Striscioni e cori al balcone, ecco che sta succedendo: "Dai social l'idea di comunità anti-coronavirus"

Sara e Giulia Pergola da Carini (Pa) e il cane corso Achille

Dai social network alla realtà e dalla realtà ai social network. Così si può spiegare la condivisione di canzoni e messaggi sugli striscioni appesi da un balcone all’altro nell’Italia del coronavirus, della distanza forzata e dell’affetto al di là dell’isolamento.

Perché dalla lontananza non nasce solitudine ma creatività nella comunicazione con l’altro che in questo momento senti inevitabilmente più simile a te. E se non ci si può abbracciare, se non ci si può toccare è proprio dai social network che preleviamo e restituiamo uno schema comunicativo fatto di suoni, di immagini e di brevi frasi scritte su un post a caratteri grandi, forti per dire che “Andrà tutto bene”, se non altro per esorcizzare la paura.

Il suono delle mani che battono, le note dell’Inno di Mameli, del "Va' pensiero" o di “Azzurro” di Adriano Celentano “invitano ad un socialità senza corpo, più astratta ma comunque reale per superare il timore, l’ansia e l’angoscia di un periodo di difficoltà di cui non si conosce l’effettiva durata”, spiega Fabio Massimo Lo Verde, docente di sociologia all’Università di Palermo.

Costretti ad una vita principalmente on line cerchiamo di riappropriarci del quotidiano off line “per come è possibile, ‘contaminando’ e ‘ricolonizzando’ con il contatto in rete il contatto reale e viceversa - aggiunge -, in un flusso di scambio continuo per dare una spinta in più al coraggio e all’unione comunitaria”.

Al pari dei momenti di grande dolore, la condivisione aiuta a rendere più sopportabile una condizione di sofferenza ed ecco che “il sentirsi parte di un gruppo di persone che si riunisce attorno ad un problema che si rivela comune, può generare un effetto di appartenenza emotiva”.

Ma i momenti di aggregazione e di interazione alternativi spezzano anche la monotonia della giornata in quarantena: “La funzione e il significato, possiamo dire, di filmarsi durante un’esibizione canora o musicale o di fotografarsi con uno striscione tra le mani va a sostituire lo storytelling dell’evento più interessante della propria giornata”.

Allo stesso tempo poi è la vita quotidiana che si fa performance. “Si pensi ai vip che in questi giorni, attraverso i video, condividono la propria giornata trasformando la quotidianità in spettacolo" o ai grandi cantautori italiani che, affacciati ai propri balconi, come su un palco, coinvolgono i vicini in concerti estemporanei. Fa scuola Roberto Vecchioni che, al tramonto e a cappella, intona "Sogna ragazzo sogna" con lo sguardo rivolto a quando "Finirà tutto".

 

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Sogna ragazzo sogna [riprese e tramonto di @dodivecchioni]

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