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L’Europa accoglie i siciliani di successo, il racconto di 4 giovani in rampa di lancio

Ivan Scuderi

La meglio gioventù siciliana vive d’Europa. Emigra, coglie opportunità, va via talvolta costretta e per lo più fa faville. Spinelli, De Gasperi, Adenauer, Schuman e Spaak se l'immaginavano così il continente unito, giovane, pacifico e produttivo. A Bruxelles, in Belgio, non si va più per lavorare in miniera. Decine di siciliani brulicano dentro e fuori il formicaio della «Bolla», il mega complesso del Parlamento europeo. In quella babele un po’ caotica si può faticare a dare un senso alle cose, soprattutto se si proviene dal Sud meno abile a spendere il fiume di denaro Ue che in 60 anni avrebbe potuto cambiarne il volto. Dal 23 al 26 maggio si vota per rinnovare l’assemblea che siede a Strasburgo. Giovani e bravissimi professionisti siciliani vedranno presto gli effetti della campagna elettorale già in corso in 27 Paesi (meno uno dopo la complicata Brexit).

L’ultimo sondaggio di Eurobarometro a settembre annota che il 62% dei cittadini ritiene che l'appartenenza all’Unione europea sia una buona cosa, il 66% vuole che il proprio paese ne rimanga membro e il 68% riconosce i benefici dell’appartenenza all’istituzione sovranazionale.

Quattro storie esemplari dicono come si orientano i nostri talenti quando non riusciamo a trattenerli in loco o semplicemente quando manifestano il loro diritto a considerare l’intera Europa la loro nazione.

Storia numero uno. Maria Cristina Scarfia ha 41 anni, ha un bimbo di 7 (bilingue come minimo), lo ha tirato su a due passi dalla Bolla. Lei è di Caltagirone, gran bella ragazza, forse avrebbe potuto fare l’attrice e invece è una giurista di prim’ordine. Dopo essersi laureata a Catania, aveva pensato di prepararsi per il concorso e tentare la strada della diplomazia. «Non avevo un soldo in tasca, con tremila euro prestati da un’amica ho preferito seguire uno stage di Confindustria a Bruxelles», questo racconta a dieci anni da quella scelta. Adesso Scarfìa è un funzionario senior nella Rappresentanza degli industriali italiani a Bruxelles. Maneggia leggi, sentenze, mette gli imprenditori nelle condizioni di fare lobbing. Trasporti, mercato interno, rapporti con la stampa, si occupa di tutto questo la siciliana Scarfìa che spesso viene chiamata come docente dei master del Sole 24 Ore su Diritto e politica dell’Unione europea. Ascoltarla è un piacere. Trattasi di fuoriclasse, se a qualcuno andasse di farlo sapere alla presidenza della Regione Sicilia, mamma di figli poco dotati di competenze anti-spreco di proventi comunitari. «La macchina è complessa. Tenere insieme Germania e Cipro nel processo legislativo è una sfida continua ma l'Europa ci serve», dice la senior adviser che a Bruxelles ha comprato casa, ha creato la sua rete (anche piccola) di relazioni affettive e amicali sognando di tornare a svernare a Caltagirone.

Storia numero due. Ivan Scuderi, 29 anni, laurea triennale in Scienze delle comunicazioni e specializzazione nella Università libera di Bruxelles. Idee chiare sin da ragazzo: imparare le lingue, passione per i processi dell’integrazione, intenzione di proseguire gli studi all'estero. «Ho lasciato Palermo a 22 anni. Sono stato in Germania, Francia e infine in Belgio dove ho avuto un colpo di fortuna ottenendo di seguire un tirocinio di tre mesi al Parlamento». E però, si sa, se non sei bravo torni a casa. Ivan è rimasto come assistente parlamentare, il suo contratto scade a fine legislatura. E Ivan è uno stakanovista, lavora talvolta 12 ore al giorno. Le opinioni politiche contano fino a un certo punto nei lunghi corridoi della Bolla, peraltro metaforicamente un po’ tutti uguali. Scuderi è stato negli uffici di un rappresentante di sinistra e di uno di centrodestra, entrambi siciliani. Conta il mandato istituzionale, insomma. Dice Ivan: «Mi piace muovermi in questo ambiente. Volevo vivere in una città multilingue come Bruxelles. Palermo mi manca ma può attendere».

Storia numero tre. Giuseppe Famà, 31 anni, ha già un curriculum da diplomatico scafato, specializzato in soluzione dei conflitti. Conosce il Mali, la Libia, la Tunisia, il Corno d’Africa. Parli con lui e vorresti che il suo linguaggio l’avessero avuto ministri del passato e del presente. La sua storia comincia a Messina. «Vengo da una famiglia modesta - ci tiene moltissimo a rimarcarlo -. Il reddito basso mi ha consentito di studiare al meglio delle possibilità all'Università di Bologna-Forlì». La laurea in Scienze internazionali e diplomatiche arriva in un Fiat e nel frattempo Giuseppe si esercita da leader. Come rappresentante degli studenti ottiene un maggiore accesso alle borse di studio e agli stage formativi per i colleghi. Un’opportunità che si è aperta anche per lui. Sono anni in cui Peppe (lo chiamano così un po’ tutti, anche la fidanzata Chiara, parmense, che vive e lavora a Bruxelles come lui) viaggia e impara l'inglese, il francese, un po’ di russo. Passa per Tallin, Oxford, Sofia, segue uno stage del Ministero degli Esteri in politica internazionale e sicurezza. E lì che arriva la svolta. Famà viene chiamato a far parte della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea. È come entrare nella diplomazia in un canale di finta retrovia, al seguito degli alti ranghi d’ambasciata con il compito di sostenere le posizioni del nostro paese. Il suo album dei ricordi a soli 31 anni è zeppo di missioni negli stati più complicati del continente nero. Ha vissuto da vicino il dramma dei sanguinosi attentati nel 2015 e nel 2016 a Bamako, la capitale maliana. Famà è un peacebuilder . Ora è tornato a Bruxelles e ha deciso di mettere le sue conoscenze a disposizione di una Ong. È diventato un diplomatico senza bandiera per conto dell'International Crisis room Group, organizzazione non governativa sui campi di battaglia di tutto il mondo per offrire soluzioni ai conflitti. Si cambia quando le cose cambiano. «L’Europa – osserva – è meno solidale in questo momento, l’avanzata populista si fa già sentire. Non credo che gli equilibri del Parlamento europeo potranno cambiare del tutto ma i danni si vedono già oggi».

Storia numero quattro. Carmen Scirè, 34 anni, siracusana. Ha frequentato la Scuola Superiore di Catania, laurea in giurisprudenza. Da nove anni si muove negli uffici europei. È un’autorità: quasi duemila assistenti parlamentari accreditati l’hanno eletta loro rappresentante. Siede al tavolo di confronto con il vertice dell'amministrazione di Bruxelles per discutere l’applicazione dello statuto, di regole e di diritti. Nel ricoprire questo ruolo ha fatto anche parte del comitato contro le molestie sul posto di lavoro. Diversi i casi che hanno portato a procedimenti anche contro parlamentari. «Avevo studiato per diventare magistrato – ricorda Carmen – . Mi stavo preparando per il concorso quando ho ricevuto la proposta di fare un’esperienza professionale a Bruxelles. Ho chiesto due giorni per decidere. E così ho fatto le valigie». Anni trascorsi al trotto, stagioni di formazione. La Scirè ha un linguaggio maturo, è dentro la Bolla anima e corpo. «Non escludo un giorno un impegno in prima persona. Il mio è un apprendistato politico a tutti gli effetti. Chissà!», evviva la sincerità di una giovane funzionaria dell’Ue. «Sono ottimista sul futuro dell’Europa. I cittadini sono più informati adesso sulle decisioni prese a Bruxelles». Carmen gioca a calcetto tutte le settimane nella sua città d’adozione. Ha una sorella a Londra. Gode delle brevi distanze con altre capitali: «La mia è la generazione Erasmus dei lavoratori». Pensando alle politiche di questi anni, Scirè dà un giudizio sui fondi europei spesi per Garanzia giovani in Sicilia: «Ha funzionato. Vedo anche nascere – dice – tante start up nella mia città d'origine. Se abbandoniamo l’idea del posto fisso a tempo indeterminato, allora possiamo persino immaginare un Erasmus per giovani imprenditori, scambi di esperienze e buone pratiche da importare».

Muoversi per restare, insomma. Anche quello è un diritto.

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