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Troppe ore ai videogiochi, bimbi a rischio sindrome visiva: uno studio a Messina

REGGIO CALABRIA. Mal di testa, tic palpebrali, diplopia transitoria e vertigini, assenza di stereopsi fine (capacità di percepire la profondità di campo) e comparsa di vizi di refrazione (astigmatismo, miopia, ipermetropia), soprattutto nell’occhio
dominante, sono i segni più frequenti riscontrati nei bambini di età compresa tra i tre e i dieci anni che trascorrono molte ore alle prese con i videogiochi.

Anzi «si può parlare di una vera e propria 'Sindrome da videogiochi', per la prima volta diagnosticata da una equipe di oculisti italiani». A darne notizia, è scritto in una nota, è la rivista internazionale «Journal of Pediatric Ophtalmology and
Strabismus» che ha pubblicato i risultati di una ricerca su un possibile rapporto tra esposizione ai videogiochi e schermi in generale e insorgenza di problemi visivi nei bambini di età compresa tra la prima infanzia e l’età scolare.

L’equipe che ha svolto lo studio osservazionale-trasversale su una popolazione di bambini che usano videogiochi, è scritto nella nota, «non è, una volta tanto, composta da cervelli in fuga dalle Università o dalle strutture sanitarie italiane, ma da oculisti che operano presso il servizio sanitario di Reggio Calabria, le oculiste Caterina Rechichi e Gilda De Mojà, e la Clinica oculistica dell’Università di
Messina, il prof. Pasquale Aragona». Tutti i pazienti, di età compresa tra 3 e 10 anni, sono stati reclutati in un’unità ambulatoriale accreditata dal Servizio sanitario. Sono stati studiati 320 bambini (159 maschi e 161 femmine; età media 6,9 ± 2 anni). Sono stati esaminati due gruppi di bambini, in base al tempo medio giornaliero trascorso ai videogiochi: bambini che sporadicamente si applicavano ai videogiochi (meno 30 minuti al giorno e non tutti i giorni, gruppo di controllo) e bambini che si applicavano ai videogiochi in maniera prolungata (più di 30 min/giorno, ogni giorno, gruppo videogioco).

Ogni gruppo a sua volta è stato diviso in due sottogruppi, in base al tempo in cui utilizzavano altri tipi di schermi elettronici (TV, PC, tablet, smartphone): meno di 3 ore al giorno o 3 ore o più al giorno.

«I segni riscontrati frequenti e peculiari nel gruppo videogioco - afferma la dottoressa Caterina Rechichi - evidenziano che ci troviamo di fronte a una autentica sindrome visiva da videogiochi su cui la nostra equipe sta lavorando per una migliore definizione dal punto di vista medico e clinico. È importante riconoscere questi sintomi come possibili disturbi funzionali, al fine di evitare interventi diagnostici (risonanze magnetiche) e terapeutici (prescrizione lenti) errati. D’altra parte è bene che i genitori siano a conoscenza dei rischi che corrono i bambini durante l’applicazione ai videogiochi, anche per il loro sistema visivo».

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