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Le parole del medico fanno bene come i farmaci: si riducono i ricoveri

Ma pochi camici bianchi, secondo le ammissioni della stessa società scientifica, ascoltano davvero i bisogni dei malati: solo il 22% instaura un rapporto empatico con gli assistiti, il tempo medio di una visita non supera i 9 minuti e già dopo 20 secondi il racconto del paziente viene interrotto dalle domande del dottore

ROMA. A volte basta la parola giusta. Un rapporto empatico con il paziente riduce di quattro volte il rischio di ricoveri e aumenta del 34-40% la probabilità di tenere sotto controllo malattie croniche, riducendo il pericolo di complicanze e perfino lo stress generato dagli esami clinici.

Lo rivelano gli esperti della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), riuniti a Roma dal 10 al 12 ottobre, per il 116esimo Congresso Nazionale. Ma pochi camici bianchi, secondo le ammissioni della stessa società scientifica, ascoltano davvero i bisogni dei malati: solo il 22% instaura un rapporto empatico con gli assistiti, il tempo medio di una visita non supera i 9 minuti e già dopo 20 secondi il racconto del paziente viene interrotto dalle domande del dottore, che per due terzi del colloquio tiene gli occhi incollati al pc. E così sono molto pochi i pazienti che riescono a spiegare davvero tutto ciò che si erano prefissi di dire.

La SIMI ha proposto di inserire nel percorso di laurea in medicina e chirurgia un modulo di scienze umane, da affrontare a più riprese nell'arco dei sei anni, annuncia Franco Perticone, presidente eletto Simi. L'obiettivo è approfondire temi come bioetica o psicologia clinica attraverso seminari, didattica teorico-pratica a piccoli gruppi ed esperienze "sul campo" in reparti e ambulatori.

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