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"In Italia facevo la commessa, in Spagna sono una stilista", la storia di Alice

Alice, 32 anni, toscana, con un sorriso invidiabile, dopo il liceo decide di proseguire gli studi presso il Polimoda di Firenze, perché sin da bambina suo nonno le aveva trasmesso una passione: disegnare. Con la consapevolezza raggiunta durante l'adolescenza, aveva subito capito che la sua vocazione era disegnare abiti, voleva fare la stilista

ROMA. "In Italia sopravvivevo, ma in Spagna, a Madrid, ho avuto la possibilità di realizzare il mio sogno". Pubblicata su huffingtonpost.it, questa non è la storia dell'ennesimo cervello in fuga, è la storia di chi in Italia ha provato a restarci, ma che è stata costretta ad allontanarsi, per affermarsi professionalmente per quello che aveva studiato.

Alice, 32 anni, toscana, con un sorriso invidiabile, dopo il liceo decide di proseguire gli studi presso il Polimoda di Firenze, perché sin da bambina suo nonno le aveva trasmesso una passione: disegnare. Con la consapevolezza raggiunta durante l'adolescenza, aveva subito capito che la sua vocazione era disegnare abiti, voleva fare la stilista.

Terminati gli studi, la sua carriera inizia subito, e anno dopo anno fiera del suo percorso, nel suo curriculm vitae può inserire nomi di aziende importanti nel settore, ed il suo modo di disegnare si affina e diventa sempre più ricercato, preciso. Poi un giorno le cose cambiano.

1 - Cosa è accaduto?
Lavoravo per un'azienda molto nota, che aveva deciso di fare una selezione di designer italiani per valorizzare il made in Italy. Questo investimento "italiano" non era però supportato dalla politica commerciale dell'azienda e così paradossalmente noi italiani siamo stati i primi ad esser tagliati fuori, da un giorno all'altro. A restare, gli stranieri, molto più giovani di noi. Loro, come casa di moda, hanno rinunciato allo stile italiano, una garanzia a livello mondiale, io invece avevo perso tutto, in un attimo.

2 -In quel momento avrai sicuramente analizzato la tua vita, magari ponendoti da un punto di vista differente. Quali sono state le tue scelte, le tue priorità, le tue paure?

Hai utilizzato tre termini nell'ordine giusto. Prima di tutto ho dovuto fare delle scelte, e la cosa di cui ero certa è che non volevo rinunciare alla mia indipendenza, non volevo tornare a casa dai miei genitori (che mi avrebbero accolto senza alcun problema), ma non per una questione di principio, l'ho fatto per me stessa, per la mia crescita. I 30 anni si avvicinavano e io di certo non potevo tornare indietro. Credo fortemente che ogni età abbia un suo significato e per me in quel momento l'indipendenza era tutto quello di cui avevo bisogno. Ad ogni costo. Le paure più profonde erano legate all'incertezza assoluta che avevo dinanzi a me. Non sapevo da dove iniziare, un affitto da pagare, la spesa al supermercato, cose comuni, la ricarica al cellulare, i pochi risparmi messi da parte da dover utilizzare.

L'unica proposta valida che mi si è presentata guardando gli annunci online e dei giornali, è stata quella di andare a fare la "commessa" in un negozio di abbigliamento. È stato così che mi sono ritrovata dall'altra parte della catena di montaggio, non ero più all'inizio ma alla fine, non disegnavo, vendevo abiti già disegnati. Così ho imparato a sorridere, perché non importa che problemi tu abbia, quando sei a contatto con chi ti deve comprare qualcosa devi solo sorridere e essere gentile.

3 - La tua tenacia ti ha portato però a non mollare, e nuovamente, in un giorno come tanti, la tua vita è cambiata ancora:

Per "arrotondare" facevo ripetizioni di matematica in casa ad una bambina. Un pomeriggio, una mia vecchia collega e amica, mi invia un sms. L'azienda per cui lavorava, stava cercando una designer. Una parola che in quel momento avevo allontanato dal mio cuore, ma soprattutto dai miei sogni. Supportata dalla mia famiglia, e senza alcuna aspettativa, continuando a lavorare, inizio questa nuova avventura inviando semplicemente il mio curriculum. Da subito però sapevo che di sicuro sarei dovuta andare via dall'Italia, la sede lavorativa era a Madrid.

 

4. Molti ragazzi oggi cercano il successo altrove, per noi italiani è quasi diventata una cosa normale, tu ci hai sperato sino alla fine:

No, non volevo andare via. Quando ho perso il mio lavoro ero sola, contro tutti. Le mie colleghe si lamentavano, i miei curriculum venivano cestinati, iniziavo a sentirmi "vecchia", lavorativamente parlando, ma sono orgogliosa di essere italiana, del made in Italy che rappresento, del nostro stile, di tutto quello che è questa nazione, indipendentemente dalla crisi che ci sta travolgendo. In questo momento storico penso che i contro di essere italiani, siano maggiori dei possibili pro, e questo penalizza le generazioni più giovani in cerca della loro strada.

Non ho avuto però alcuna alternativa, i mie colloqui sono andati a buon fine e sia dal punto di vista professionale che economico era un offerta che non potevo rifiutare. Lasciare gli affetti, la mia famiglia, i miei amici, ridurre al minimo la mia presenza verso il mio amore, sono sacrifici che ogni giorno hanno un peso sempre più grande. L'Italia degli affetti però non mi ha aiutata a realizzarmi professionalmente come stilista. Il mio sogno lo sto vivendo qui, a Madrid. La mia giornata inizia con un sorriso, perché vado in ufficio e sono serena, faccio quello che mi piace fare, e disegno, creo, fantastico, mi rapporto con il mondo che ho sempre ammirato. Termina però con un senso di angoscia, torno a casa e sono sola, e si fa sempre più forte l'incognità del "perché qui valgo, ho successo, e in Italia il mio lavoro non è apprezzato?"

5  - Cosa vuoi dire a chi come te, sta affrontando questo momento.

Nessuno, in ogni situazione può permettersi di mollare. Sembrerà una frase fatta questo lo ammetto, soprattutto se detta da chi in un certo senso ce l'ha fatta, ma bisogna essere consapevoli in primis delle proprie capacità. Non voglio raccontare i momenti bui che ho attraversato, quelli non credo interessino a nessuno e sono all'ordine del giorno, se ne parla continuamente. Voglio raccontare la mia gioia, perché vorrei che contagiasse chi in questo momento ha smesso di credere in se stesso. Non bisogna svendersi mai, e bisogna provare a non accontentarsi, lottando per i proprio sogni.

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