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E' spessa quanto un atomo: creata la lampadina più piccola del mondo

ROMA. Anche Edison, l'inventore della lampadina, aveva provato a usare il carbonio per 'accendere' le sue e ora la sua versione più pura, il grafene ha permesso di ottenere la lampadina più piccola del mondo, dello spessore di un solo atomo. Descritto su Nature Nanotechnology, il risultato si deve al gruppo coordinato da Young Duck Kim, della Columbia University a New York. Le nano lampadine di grafene potrebbero illuminare i futuri display super sottili, flessibili e trasparenti, e aprono la strada alle tecnologie ottiche del futuro, basate sul grafene, per trasmettere informazioni con la luce più velocemente.

Più efficienti delle tecnologie ottiche attuali, potrebbero portare ad internet ultraveloce. ''E' un risultato importante, le applicazioni non sono vicine perché rientra ancora nella ricerca di base ma sicuramente può aprire la strada alle tecnologie ottiche del futuro'' rileva Francesco Bonaccorso dell'Istituto Italiano di Tecnologie (Iit). In questi futuri circuiti ottici, basati su tante nano lampadine di grafene, la luce farà quello che nei circuiti integrati a semiconduttore fa la corrente elettrica, cioè trasferire informazioni, e lo farà in modo più efficace e veloce perché ''l'emissione è molto intensa'', sottolinea l'esperto.

Gli autori sono ritornati allo stesso materiale, il carbonio, usato da stesso Thomas Edison, nei suoi primi esperimenti: ma ora, sottolinea il fisico Yun Daniel Park, dell'università di Seul che ''usiamo la sua forma più pura e al limite della dimensione massima, solo un atomo di spessore''. Ottenuto dalla comunissima grafite, di cui sono fatte le mine delle matite, il grafene è infatti il materiale più sottile del mondo e le sue straordinarie proprietà promettono di rivoluzionare l'elettronica. Nella nano lampadina, ha lo stesso compito del filamento di tungsteno nella lampadina a incandescenza di Edison: emettere radiazione termica.

Per realizzare le nanolampadine, i ricercatori hanno attaccato strisce di grafene a elettrodi metallici. Ai fogli è stata applicata una corrente elettrica che li ha fatti riscaldare: hanno raggiunto temperature superiori ai 2.500 gradi (circa la metà della temperatura del Sole), che li hanno fatto
brillare così intensamente che la luce emessa è visibile ad occhio nudo. La novità, spiega Bonaccorso, è che i fogli sono staccati dal substrato di silicio sul quale è stato depositato il grafene, e risultano sospesi fra i due elettrodi: questo riduce di 100 volte la propagazione di calore del foglio di grafene e lo concentra nella parte centrale, con il risultato che la temperatura diventa così elevata in quel punto che il materiale emette luce.

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