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Thea Porter, ritorno agli anni '70: hippy chic in mostra a Londra

ROMA. Caftani colorati, cinte drappeggiate, turbanti, stampati, pantaloni a zampa: per entrare nel mood anni '70 come impone la moda di quest'estate e del prossimo inverno e ripassare come vestiva la jet society del '68 e anni seguenti c'è l'universo di Thea Porter, riconosciuta ispiratrice dell'hippy chic. Il Fashion ad Textile Museum a Londra dedica alla stilista, nata a Gerusalemme nel 1927, una mostra aperta fino al 3 maggio.

Il padre era un missionario irlandese, la madre franco tunisina, lei crebbe in Siria, a Damasco all'epoca sotto i francesi. I dettagli contano: Thea Porter, che poi nel dopoguerra si trasferì a Londra per poi cambiare di nuovo residenza spostandosi a Beirut, non dimenticò quell'infanzia ricca di colori dei bazaar di Damasco al punto di riproporre nelle sue stoffe e negli accessori tutte quelle speziate meraviglie.

L'oggetto principe della sua moda che piaceva da impazzire al jet set di allora era il caftano, rivisitato e
corretto dal tradizionale abito greco e medio orientale. Alla metà degli anni '60 aprì una boutique di abiti, tappeti, mobili importati da quelle zone e da lei rivisitati, uno stile esotico che portava a Londra, da sempre aperta alle culture non occidentali, quelle atmosfere lontane. Fu subito colpo di fulmine: «Il mio negozio in Greek Street - scrisse - attrasse immediatamente i ricchi hippies, attori, musicisti e le loro donne che cominciarono a chiedermi abiti su misura realizzati con quelle stoffe».

Ecco così Thea Porter diventare trendsetter, si direbbe oggi, di quel Bohemian Chic anni '70, ora rinominato Hippy Chic. Nella mostra a Londra le sue creazioni originali sono accompagnate da
foto di nomi illustri, come i Pink Floyd che vestì per la copertina, i Beatles ma la sua fama, grazie anche alle copertine che le dedicavano in quegli anni Vogue e Harper's Bazaar, conquistò Hollywood da Elizabet Taylor a Barbra Streisand. Thea Porter era una delle protagoniste della vita mondana di Soho,
del famoso club Colony Room a Dean Street, amica di Mick Jagger, Cat Stevens, Stuart Copeland, Jimi Hendrix. Diana Vreeland, leggendaria direttore di Vogue America, fu tra le sue supporter ed è anche grazie a lei che negli anni '70 si affermò negli Stati Uniti lo stile di Thea Porter, che aprì nel '71 a New York una boutique con Wallis Simpson prima cliente ma è in California che gli abiti lunghi fino ai piedi, svolazzanti e impalpabili della Porter trovarono terreno ideale, perfettamente ricambiato.

Divenne amica dei Fonda, dei Peck, dei Lemmon, Di Laurenz Bacall e Britt Ekland. A fine anni '70 si trasferì a Parigi. Aprì anche lì negozio e laboratorio sull'onda del riemergere del tema etnico. La sua 'eredità' - morì nel 2000 dopo 6 anni in lotta con l'Alzheimer - emerge chiara negli allestimenti della mostra: il suo stile mediorientale ma non troppo, easy e al tempo stesso lussuoso sembra fatto per essere per l'oggi.

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