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Colera, il segreto della sua evoluzione in un cimitero toscano

MILANO. Dopo quasi 160 anni, potrebbe 'risorgere' da un antico cimitero toscano il batterio del colera che a metà Ottocento dilagò in tutto il mondo, uccidendo nella sola Europa un milione di persone. Il vibrione potrebbe venire alla luce dagli scavi vicino all'abbazia abbandonata di Badia Pozzeveri, in provincia di Lucca. Qui, tra centinaia di corpi sepolti in quasi mille anni di storia, ne sono stati individuati una ventina che presto cominceranno a 'parlare' per raccontarci di quell'epidemia grazie alla biologia molecolare.

Li interrogherà un gruppo internazionale di ricerca, che vede collaborare fianco a fianco i ricercatori dell'Università di Pisa con gli esperti dell'Università dell'Ohio ed Hendrik Poinar, il genetista di fama internazionale che ha riscoperto il Dna della Peste Nera del Trecento.

Gli scavi, attivi da quasi cinque anni, sono una finestra su oltre mille anni di storia: per la loro importanza hanno attirato l'attenzione di tutto il mondo, finendo persino sulla copertina della rivista Science.  Due anni fa, i ricercatori hanno riportato alla luce un'area del cimitero parrocchiale in cui sono state sepolte le vittime dell'epidemia di colera che a metà '800 si diffuse in tutto il mondo, uccidendo un milione di persone nella sola Europa.

''Finora abbiamo trovato una ventina di corpi sepolti in fosse molto profonde e sigillate con la calce, secondo quanto indicavano le autorità sanitarie dell'epoca'', dice Gino Fornaciari, il paleoantropologo dell'ateneo toscano che sta coordinando le operazioni. ''Non sono fosse comuni - precisa l'esperto - ma sepolture singole in cui abbiamo trovato individui adulti, per lo più braccianti, e alcuni bambini che avevano 4-5 anni. I corpi sono un po' scomposti, forse perchè deposti frettolosamente, e sono accompagnati da crocifissi e medagliette devozionali''.

''A nostro avviso, sono i resti meglio conservati delle vittime del colera di questa epoca: siamo elettrizzati dall'idea di quello che potremo scoprire'',
afferma Clark Spencer Larsen, antropologo dell'università dell'Ohio, presentando lo studio a San Jose, in California, in occasione del convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze.

Proprio in queste settimane il suo gruppo di ricerca sta analizzando i primi campioni di suolo, denti e ossa alla ricerca dell'impronta molecolare del colera. ''Se troviamo il Dna del batterio, potremmo capire come si è evoluto e confrontarlo con quello attuale. Si tratta del primo passo per trovare una cura'', aggiunge Larsen. Ma il colera non è l'unico 'ricercato' di questo scavo
archeologico: sono infatti molte le epidemie che hanno lasciato il segno in questo villaggio posto lungo la via Francigena che conduceva i pellegrini a Roma. ''Se avremo fortuna - conclude Fornaciari - potremmo trovare anche tracce della peste, oltre a quelle della malaria visto che l'abbazia si trovava in una zona a rischio vicino al lago di Bientina''.

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