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Dal 1900 a oggi si è perso il 64% delle zone umide

Laghi, lagune e corsi d’acqua sono a rischio a causa dei cambiamenti climatici, dei pesticidi e dell’opera degli uomini che li reputano «terre sprecate»

PALERMO. Salvaguardare i laghi, le lagune e i corsi d'acqua per tutelare il futuro dal cambiamento climatico, dalla siccità, dalla perdita di biodiversità e dai pesticidi e i metalli pesanti che sempre più spesso immettiamo nella natura. È questo il messaggio dell'edizione 2015 della Giornata mondiale delle zone umide, che si celebrerà domani con lo slogan "Wetlands for our future" (zone umide per il nostro futuro), e con un concorso fotografico internazionale dedicato ai giovani.

Le zone umide contribuiscono a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Le sole torbiere, ad esempio, assorbono più del doppio del carbonio sequestrato da tutte le foreste mondiali. Inoltre sono fonte di acqua dolce, in cui vivono oltre centomila specie diverse di pesci, e la loro flora assorbe i fertilizzanti e i pesticidi dei campi, insieme alle tossine e ai metalli dell'industria, mentre nelle risaie si produce il riso che è alla base della dieta di tre miliardi di persone. Eppure, spiegano gli organizzatori, «queste aree sono viste come terre sprecate: da drenare, riempire e destinare ad altri usi».

Dal 1900 ad oggi si è perso il 64% delle zone umide mondiali. La percentuale è più alta in Asia, ma anche l'Europa non se la cava bene: negli ultimi 50 anni ne sono scomparse circa i due terzi, e quelle che restano sono sotto pressione per l'inquinamento e il riscaldamento globale.

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