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Sistemi operativi, ancora aperta la grande guerra "open source"

PALERMO. Android da quando è entrato nelle grazie di Google sembra stia perdendo l’interesse delle maggiori aziende tecnologiche, interessate a portare acqua al proprio mulino con lo sviluppo di sistemi operativi sempre open source, ma slegati dal codice madre. Nato come sistema aperto e gratuito in realtà Android non rispecchia in pieno queste caratteristiche. L’autorevole Guardian ha pubblicato un interessante articolo teso a sviscerare alcuni dettagli significativi.

Ad esempio le app integrate sugli smartphone immessi sul mercato sono soggette al pagamento di una licenza pari a circa 75 centesimi di dollaro. Si tratta di una cifra irrisoria se paragonata ai 15 dollari richiesti da Microsoft per la licenza Windows Phone. Inevitabile quindi la volontà dei grandi marchi di proporre un’alternativa personale sfruttando comunque la base open source. L’ultima rivelazione in tal senso arriva dal portale Androidcentral che ha analizzato lo smartwatch LG portato sul palco del Consumer Electronics Show dal responsabile dello sviluppo tecnico Audi, Ulrich Hackenberg. Il prototipo, usato per dare dimostrazione delle capacità di interazione delle nuove automobili con il dispositivo da polso, sembrava fosse basato su Android wear, versione ridotta del sistema integrato sui tablet, ma è stato scoperto invece che le funzionalità mostrate interfacciando la vettura Audi sono partite dal nuovo WebOs di LG.

C’era da aspettarselo, dato che Google ha dichiarato più volte di non voler dare molto spazio agli sviluppatori sulla versione wear di Android, così la coreana LG ha adottato, seppur su un prototipo non in commercio, il sistema operativo messo a punto inizialmente da Palm, marchiostorico nel settore dei palmari, acquisito poi da LG e già sperimentato con successo sulle smart tv.

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