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Parkinson, cirrosi, depressione: i tanti volti della malattia di Wilson

Un portale per sensibilizzare i medici

MILANO. Nei bambini si manifesta con leggeri malesseri, negli adulti anche con problemi neurologici, e se non diagnosticata precocemente può portare a condizioni invalidanti e irreversibili, mettendo anche in pericolo la vita. È la 'Malattia di Wilson', patologia ereditaria rara ma di difficile diagnosi, legata a una proteina (ATPasi) che, mutata, impedisce al fegato di metabolizzare il rame assunto col cibo che così si accumula, con problemi di tossicità per l'organismo. Ne soffre in Italia e in Europa una persona su 50.000, ma con punte di una su 3000 in Sicilia, Sardegna e Puglia, più diffusa nelle piccole comunità, dove molti sono imparentati tra loro.

«Il problema grande di questa malattia - spiega Massimo Zuin, Direttore dell'Epatologia e Gastroenterologia dell'Ospedale San Paolo di Milano - è la diagnosi: i sintomi dei bambini sono comuni a molti leggeri malesseri (stanchezza, distrazione,  difficoltà di concentrazione...); negli adulti può
'mascherarsi' con i sintomi di un Parkinson giovanile, cirrosi, depressione. Il fatto poi che sia molto rara fa sì che un medico di famiglia possa anche non vedere un solo caso in tutta la sua vita professionale. Anche per questo si stima che un buon 50% dei malati non sappia nemmeno di avere questa patologia, lasciando che si cronicizzi e diventi un problema grave». Proprio per mettere in contatto fra loro i malati italiani
che hanno avuto una diagnosi ma anche per contattare tutti i medici affinchè affinino la loro sensibilità diagnostica (davanti a un sospetto un semplice esame può far emergere la malattia), l'Associazione Nazionale Malattia di Wilson, presieduta da Salvatore Dilorenzo, ha realizzato una piattaforma online all' indirizzo www.malattiadiwilson.info, col sostegno di Recordati e Orphan Europe. Il portale è composto da due aree: una contiene approfondimenti per medici e operatori sanitari, l'altra è rivolta ai pazienti e ai loro familiari. Verrà presentato in occasione del 4/o incontro dedicato alla patologia, in programma il 6 dicembre a Roma.

Se diagnosticata precocemente, invece, questa malattia, anche nei pazienti già con evidenti invalidità, può essere reversibile grazie alle due classi di
farmaci oggi disponibili: una di esse stabilizza il rame del rame in una forma non tossica; l'altra ne blocca l'assorbimento. In ogni caso, si tratta di pillole da ingerire da 3 a 7 volte al giorno a seconda del peso del paziente. «Un grave problema - denuncia Dilorenzo - è però il metodo
di distribuzione dei farmaci da parte delle Regioni, ognuna delle quali ha uno tutto suo: il paziente lombardo, ad esempio, deve venire ogni tre mesi a Milano a rifornirsi del flacone con il farmaco laddove quello veneto può ottenerlo nel luogo di residente, senza essere costretto a viaggiare. Accade anche che l'Emilia Romagna preveda la sua distribuzione ogni mese, mettendo in difficoltà il paziente che, ad esempio per lavoro, deve recarsi all'estero per due o più mesi».

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