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Kate Winslet: le donne vere non portano la 38

ROMA. Vent’anni di carriera nei quali ha ottenuto ciò che nessun’altra aveva neanche mai sognato: sei candidature e un Oscar, tutto entro i 37 anni. È forse per questo che dopo il trionfo del 2009, la sovraesposizione alla Mostra del Cinema dello scorso settembre (Carnage, Contagion e il serial tvMildred Pierce) e l’anniversario (15 anni) appena festeggiato con la riedizione in 3D di Titanic, quest’anno la vedremo poco o nulla. Una pausa di riflessione, ma forse anche il momento per un primo, piccolo bilancio. Kate Winslet lo fa conVanity Fair, che le dedica la copertina del numero in edicola dal 30 maggio.
 
È così? Si sta prendendo una pausa? «Cerco sempre di prendermi un anno abbondante di pausa tra un film e l’altro. Per avere il tempo di far raffreddare le cose, di rallentare un attimo». Parla spesso di vita normale: davvero è possibile? «Ho sempre avuto una vita normale e sempre l’avrò. Sono gli altri, è tutto quello che gira intorno al mio mestiere che la rende “anormale”. Io cucino, faccio la spesa, accompagno i miei figli a scuola: sono sicura che ha letto queste cose su di me». In effetti, sì: sulla sua normalità c’è tutta una letteratura. «Ed è tutto vero. Sono consapevole che avendo avuto una carriera cominciata molto presto, e una vita adulta sotto gli occhi di tutti, c’è gente che continua e continuerà a farsi domande su di me e su come conduco la mia vita. Ma come fa con i figli? Ma dove li lascia?  I miei figli stanno sempre con me. Fine della discussione».  Altro grande classico di Kate Winslet: la sua battaglia in nome di tutte le donne che non sono una taglia 38. Stufa di parlarne? «Stufa, piuttosto, del significato che ha il fatto che siamo qui a parlarne: vuol dire che niente è cambiato. Per il resto no, credo sia importante continuare a ribadire che la normalità non è quella che ci fanno vedere. Ad essere sincera, io neanche le conosco donne che portano la 38. Anzi sì, una: mia figlia. Solo che Mia ha 11 anni».I commenti sul suo peso le danno fastidio? «Non più. È una di quelle cose di cui ho imparato veramente a fregarmene. Una volta no, mi ferivano. A 20 anni dicevo che non mi importava, ma in realtà ci soffrivo, eccome. Pubblicamente facevo la superiore, ma dentro ne morivo. Adesso no. Ci vuole tempo, ma si impara». Lei come ha imparato? «Nel modo più duro: sbattendoci la faccia».
Per chi lotta da sempre con il peso, è più difficile. «Capisco che cosa intende, ed è vero che ci vuole molto tempo per liberarsi di quella bambina grassa, ma sa cosa? Sono sinceramente grata per il mio sedere. Oddio, non è una battuta fantastica?».

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