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Nino D'Angelo e Livio Cori: generazioni a confronto a Sanremo

Sessantuno anni Nino D'Angelo, ventotto Livio Cori. Sesta volta all'Ariston per il primo, partito dal mondo dei neomelodici; al debutto festivaliero il secondo, a suo agio nell'hip hop. Ad unire due mondi apparentemente tanto distanti la musica e la napoletanità. "Sono stato io a cercare Nino, un'icona per me, una pietra di Napoli.

Lo volevo nella canzone Un'altra luce, che stavo scrivendo. Ma Sanremo non era proprio nei miei pensieri. A proporlo dopo aver sentito la canzone, è stato lui", racconta Cori, che non nasconde un po' di ansia, mescolata a gioia. "Fa paura, certo.
E' una carovana, vista da tutta Italia", lo tranquillizza a modo suo D'Angelo, dando l'idea di come complicità e voglia di divertirsi siano alla base del loro rapporto. E così la strana coppia arriva al Festival, con un brano per metà in dialetto. "Se fosse dipeso da noi, sarebbe stato tutto in napoletano, che è una lingua vera e propria. Le canzoni bisogna ascoltarle, non capirle - spiega D'Angelo, per niente preoccupato che il dialetto possa risultare ostico per il pubblico del festival e di Rai1 -. Del resto ci piacciono le canzoni in inglese, a me piace Imagine, ma non capisco una parola. E' il suono che è fondamentale".
Tra i due è stato amore a prima vista, ma anche una sfida. "Mi sono messo in gioco, facendo qualcosa di completamente nuovo - racconta Nino -. Ma se non lo fai con i giovani, non lo fai mai. Solo Livio poteva farmi cantare con l'autotune. Noi per non invecchiare dobbiamo prendere da loro, i giovani per crescere devono un po' seguire noi. Ma la mia generazione è in debito: ha fallito, ha tolto la luce e il diritto al futuro ai giovani, abbiamo dato meno di quello che abbiamo ricevuto".

L'incontro generazionale a Sanremo, dice, è anche un "piccolo risarcimento". "La vecchia generazione ha pensato a se stessa, senza tener conto di chi sarebbe arrivato dopo. E ieri come oggi, siamo costretti ancora ad emigrare, non solo all'estero, ma per noi del Sud anche al Nord", gli fa eco Cori, che non smette di ripetere quanto l'incontro con il compagno di ventura sia stato importante soprattutto a livello umano. D'accordo su tutto, dunque. Solo su una cosa non riescono proprio a trovare un accordo: "L'abbigliamento", dicono all'unisono. "Ma io per lui, ci sarò sempre - chiosa il veterano -. Anche se lui ogni tanto si dimentica che ho il doppio dei suoi anni e mi invita a ballare in discoteca".
Per Cori (che molti identificano con Liberato, il rapper incappucciato la cui identità è sconosciuta) è in arrivo anche il primo vero album dal titolo "Montecalvario" (il quartiere di Napoli da cui arriva), in uscita l'8 febbraio, "tutto in napoletano, perché volevo fosse legato alla mia partenza. E l'unico ospite e padrino di questo disco poteva essere solo lui". Nino D'Angelo, invece, sta preparando una tre giorni di festa all'Arena Flegrea di Napoli il 21, 22 e 23 giugno insieme a Gigi D'Alessio.

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