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Una terapia per debellare l'Aids, nel pool di scienziati anche il palermitano Mancuso

Pietro Mancuso

Se questa è davvero la cura per debellare il virus Hiv, lo si verificherà entro un paio d’anni. In ogni caso la terapia che sembra tracciare la strada maestra per parlare finalmente al passato dell’Aids è stata appena sperimentata da un pool di scienziati della Temple University che comprende un giovane palermitano da tempo trapiantato a Philadelphia.

Pietro Mancuso, 45 anni, ha contribuito in modo decisivo a sconfiggere il virus Hiv nei topi (umanizzati). È la prima volta che la scienza registra l’eliminazione totale del virus che provoca l’Aids. Da tempo i farmaci retrovirali permettono di tenere l’Hiv "dormiente" impedendogli di uccidere i pazienti infetti. Ma ora c’è un passo avanti storico nella lotta alla malattia: per la prima volta il virus ha perso la battaglia contro una terapia basata sui farmaci retrovirali a lunga durata accoppiata a un’azione sul genoma, una sorta di taglia e cuci del codice genetico.

Il successo della terapia nei topi è stato annunciato dal pool di scienziati guidato da Kamel Khalili della Temple e Howard Gendelman della University of Nebraska con un articolo su Nature Communications.

Del pool di medici fanno parte tre italiani Pasquale Ferrante, Martina Donadoni e il palermitano Mancuso. "Il mio contributo - racconta Mancuso - consiste nell’aver testato l’effettiva rimozione del genoma virale nei tessuti e negli organi dei topi". Dal punto di vista scientifico va aggiunto che il biologo molecolare palermitano ha utilizzato la tecnica Pcr (reazione a catena della polimerasi) ed ha inoltre verificato eventuali off-target.

Ma questa è materia da addetti ai lavori. Ciò che è più importante è che Mancuso sta già lavorando allo step successivo dello sviluppo della terapia: il test sulle scimmie. È da qui che il mondo scientifico si attende la risposta definitiva sul valore di questa cura: "Il risultato ottenuto sui topi - sottolinea Mancuso - segna un passo avanti cruciale verso lo sviluppo di una possibile cura per l’infezione da Hiv nell’uomo. I dati acquisiti hanno delineato il prossimo step rivolto alla sperimentazione sulle scimmie su cui stiamo ottenendo risposte al trattamento davvero entusiasmanti e potenzialmente trasferibili sull’uomo entro il 2020 grazie all’intervento di alcune industrie farmacologiche americane e alla collaborazione con l’ospedale della Temple University".

Su questa strada continua il lavoro di Mancuso e degli altri medici coinvolti: un pool multietnico in cui non è superfluo sottolineare la presenza di indiani, americani, iraniani, turchi, israeliani, cinesi, polacchi, russi e ucraini.

Mancuso ha iniziato il suo cammino scientifico da Palermo. Dopo gli anni al liceo classico Garibaldi ("orgogliosamente sezione G") Mancuso ha lavorato prima al Policlinico e poi in Francia presso il prestigioso Istituto Marie Curie. Infine il salto negli Usa, al Fox Chase di Philadelphia. Il suo nome era già rimbalzato all’attenzione della comunità scientifica per una rivoluzionaria cura del melanoma.

Quando racconta dei suoi anni a Palermo, Mancuso cita sempre il professore Giorgio Stassi ("il mio mentore"). E poi gli amici di sempre. Gli stessi con cui si ostina a giocare al Fantacalcio, anche se costretto a farlo via Whatsapp. E in questa stagione di successi scientifici non ha potuto non dispiacersi per la sorte del Palermo Calcio. A Palermo torna di frequente con la moglie Sabrina "ma solo come turisti e in questa prospettiva la città ci appare bellissima". E inevitabilmente lontana.

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