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Bimbi con pochi amici, indagine: l'epilessia mette a rischio vita sociale

ROMA. L'epilessia mette a rischio la vita sociale di 9 bimbi su 10 che ne sono affetti, poichè ancora grande è il pregiudizio su questa malattia.

Discriminati e con pochi amici, i bambini italiani che devono affrontare il cosiddetto 'piccolo male' sopportano molte difficoltà a partire dalla terapia, che in un caso su tre non risulta pienamente efficace e deve essere modificata per gestire meglio gli effetti collaterali.

Lo dimostra un'indagine dell'Osservatorio Nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidòss), presentata a Stresa in occasione del III Forum Internazionale della Società Italiana Medici Pediatri (Simpe).

Secondo l'indagine, condotta da Datanalysis intervistando 400 genitori di bambini malati di epilessia, il 53% dei genitori teme un futuro di solitudine per i propri figli. In Italia, sono circa 500mila i pazienti epilettici, che crescono al ritmo di 32 mila nuove diagnosi l'anno, ma nel 60% dei casi la patologia si manifesta nell'infanzia.

«I dati confermano che in 1 caso su 2 la malattia è comparsa fra i 5 e 14 anni, spesso con un episodio di convulsioni motorie improvviso - spiega Giuseppe Mele, pediatra e presidente di Paidòss -. Si tratta di un'età difficile in cui affrontare una patologia che ancora troppi non conoscono e quindi temono: i pregiudizi sono tanti e i genitori li percepiscono nella vita quotidiana dei propri figli, a scuola e nello sport. Nel 57% dei casi l'integrazione scolastica è inadeguata: i bambini vengono ghettizzati e pochi hanno una vita sociale normale. Solo il 12% ha molti amici». Eppure, rileva Mele, «con l'epilessia si può convivere, le terapie sono efficaci e basta sapere come intervenire in caso di crisi per non correre rischi».

La terapia tuttavia scorre del tutto senza problemi solo per 1 piccolo paziente su 3: il 35% manifesta effetti collaterali e il 25% deve cambiare regime di cura. I trattamenti «funzionano - prosegue Mele - ma i genitori percepiscono la 'pesantezza' di terapie lunghe e complesse e soprattutto sono molto sensibili ai possibili effetti collaterali». Per questo, «un'alleanza stretta fra famiglia e medico può essere la chiave per superare paure e difficoltà, in una malattia che - conclude lo specialista - può essere gestita, soprattutto se riusciremo finalmente ad eliminare lo stigma che la contraddistingue».

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