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Mafia, arriva il decreto sui compensi degli amministratori giudiziari

ROMA. Lo si attendeva da 5 anni e alla fine è arrivato: è il decreto che fissa i compensi per gli amministratori giudiziari, ovvero di coloro che sono chiamati a gestire i beni sequestrati, varato oggi dal Consiglio dei ministri in via definitiva. Un patrimonio immenso e in continuo aumento, pari, insieme ai beni confiscati, secondo alcune stime, a quasi una Finanziaria.

Il provvedimento è stato varato in un momento delicato: tra poche settimane il Parlamento si occuperà della riforma del Codice Antimafia nella parte che riguarda le misure di prevenzione, su cui è al lavoro da circa due anni; inoltre sono vivi gli strascichi dell'inchiesta di Caltanissetta sulla gestione della sezione misure di prevenzione guidata, dal 2010, da Silvana Saguto, il magistrato che sarebbe, secondo le accuse, al centro di una combine affaristica che avrebbe inquinato le nomine degli amministratori giudiziari.

Il testo approvato oggi prevede che le percentuali adottate consentano un sensibile contenimento dei compensi attualmente liquidati dagli uffici giudiziari. Il decreto assume, come modello di riferimento, la disciplina regolamentare in materia spettante al curatore fallimentare ma tiene conto espressamente "della maggiore delicatezza dell'incarico di amministratore in contesti di criminalità organizzata".

Inoltre si prevede che il compenso sia stabilito sulla base di scaglioni commisurati al valore dei beni o dei beni costituiti in azienda, ovvero al reddito prodotto dai beni, dando dunque rilievo al valore dell'azienda, e non al fatturato (criterio previsto invece attualmente per le amministrazioni straordinarie), né ai ricavi lordi (parametro contemplato per le procedure fallimentari).  Il provvedimento mette però in forte allarme il presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma, Guglielmo Muntoni, che ha una esperienza ventennale e ha disposto misure di sequestro importanti come quelle per l'inchiesta Mafia Capitale. "Sono molto preoccupato", spiega Muntoni, tanto da non nascondere di essere pronto a lasciare il suo incarico se non fosse messo più nelle condizioni di svolgerlo. "Migliaia di posti di lavoro sono a rischio, senza poter disporre di amministratori in gamba. La confusione con i compiti del curatore fallimentare è inspiegabile per chi conosce quali siano le funzioni di un amministratore giudiziario, infinitamente più impegnative e delicate rispetto a quelle di un curatore fallimentare. Inoltre, i coefficienti di calcolo per i compensi sono quasi offensivi". Uno spiraglio arriva però dall'articolo 4 che coglie la rilevanza specifica del ruolo dell'amministratore giudiziario prevedendo che il valore tabellare dei compensi possa essere aumentato anche del 100%, qualora la gestione abbia caratteristiche di particolare complessità. "E' qualcosa, vedremo come fare", conclude Muntoni.

"Auspico che si calendarizzi al più presto in Aula il testo che riforma l'intera materia e che affronta profili non meno importanti, quali le competenze degli amministratori, la rotazione degli incarichi e il divieto di cumuli sproporzionati, con il tetto di non più di un incarico in caso di aziende sequestrate", dice il Pd Davide Mattiello, relatore della riforma. Soddisfatti il capogruppo Pd in Commissione Antimafia Franco Mirabelli e il Pd in Antimafia Alessandro Naccarato, che sottolineano come il provvedimento fosse "da tempo atteso" e stabilisca regole "certe e più trasparenti per i curatori, per evitare i fenomeni di proliferazione a rischio speculazione che si sono verificati in alcune zone".

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