La relazione è di qualche giorno fa. E nelle venti pagine con cui gli esperti del servizio Bilancio dell’Ars hanno passato ai raggi X l’impiego dei contributi del Fondo sociale europeo si lancia un allarme preciso: ci sono 295 milioni che vanno spesi e certificati entro il 31 dicembre, pena la restituzione a Bruxelles. È, per dirla col gergo comunitario, l’alert che il Parlamento regionale ha lanciato per sollecitare una accelerazione della spesa che eviti un bis di quanto accaduto per il piano Fesr, quello che proprio questa settimana ha fatto registrare l’impossibilità di spendere entro fine anno un miliardo e 75 milioni rimasti finora nei cassetti e, a questo punto, a un passo dalla restituzione a Bruxelles (a meno che non venga approvato il disperato tentativo del governo di salvare questo tesoretto con escamotage contabili). Se il Fesr è il piano per gli investimenti in infrastrutture e progetti di sviluppo economico, il programma Fse punta invece sulla spinta all’occupazione e al sistema istruzione/formazione. In entrambi i casi i fondi a rischio sono quelli assegnati nel 2014 e che vanno spesi entro il 31 dicembre 2023. Ed è proprio questo il punto. Il servizio Bilancio dell’Ars segnala che «a fronte di un budget iniziale di 820 milioni, i pagamenti certificati alla fine del 2022 ammontano a 525 milioni e 75 mila euro». In pratica è in salvo al momento solo il 63,6% del budget. Dall’assessorato alla Formazione, il principale indiziato dei ritardi, assicurano che il traguardo di fine anno verrà rispettato e che «neanche un euro andrà perso o sprecato». Secondo Maurizio Pirillo, dirigente generale della Formazione, «in questo caso la Regione ha già fatto la spesa necessaria a raggiungere il target. Il problema adesso è certificarla. Una procedura lunga ma che siamo sicuri di poter effettuare senza traumi». Un servizio completo di Giacinto Pipitone sul Giornale di Sicilia in edicola oggi