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Galvagno bacchetta l’Ars dei settanta deputati part-time: troppe assenze

Il presidente dell'Ars Gaetano Galvagno

Quando le cinque del pomeriggio non erano neanche arrivate, e l’Ars aveva messo insieme appena 47 minuti di lavoro in tutta la giornata, al presidente Gaetano Galvagno non è rimasto che chiudere il Parlamento e dare appuntamento ai (pochi) deputati in aula alla prossima settimana. Mentre quella attuale si conclude, contando anche l’ora e 41 minuti di martedì, con appena due ore e 28 minuti di - si fa per dire - impegno.

Dal 10 febbraio, data di approvazione della Finanziaria, il Parlamento regionale ha approvato appena una leggina. E poi si è arrovellato su interrogazioni (spesso a vuoto) e sedute rinviate per mancanza del numero legale. Anche ieri, formalmente, il rinvio è stato determinato dal fatto che a Sala d’Ercole c’era solo qualche deputato di opposizione. E alla fine anche un maestro di diplomazia come Galvagno è sbottato: «Non posso prendermela con le assenze dei deputati di minoranza. Devo constatare che la totale o la maggior parte delle assenze è nelle file della maggioranza. E questo mi mette in grandissimo imbarazzo».

Galvagno ha aggiunto che la questione della paralisi dell’Ars assume ora un valore politico più elevato: «Chiamerò il presidente della Regione per la questione relativa al governo, ma chiamerò anche tutti i capigruppo di maggioranza perché queste assenze sono pesanti».

In realtà già da quattro mesi il Parlamento è fermo. E proprio ieri mattina lo stesso Galvagno aveva provato ad affrontare il tema in modo (politicamente) costruttivo: non a caso aveva coinvolto nella conferenza stampa il leader grillino Nuccio Di Paola. Poi aveva fornito dati che dimostrano come non ci si sia spremuti a Palazzo dei Normanni nei primi sei mesi di legislatura: appena 41 sedute in 171 giorni per un totale di 124 ore in aula. Significa che i 70 deputati hanno lavorato un giorno ogni 4, cioè mediamente un giorno e mezzo a settimana. E nel frattempo si sono concessi un aumento da circa 900 euro al mese con la decisione di applicare la norma sul recupero dell’inflazione.
Ma Galvagno ha anche mostrato tabelle che dimostrano come pure nella passata legislatura i ritmi siano stati blandi: cinque anni fa nei primi sei mesi erano state svolte 132 ore di lavoro in aula, con 47 sedute.

Ma il punto è che dal 10 febbraio il Parlamento è fermo perché non arrivano in aula leggi da votare. E su questo Galvagno ha diplomaticamente spronato il governo: «L'aula può rimanere aperta anche H24 ma ci vuole carne al fuoco da mettere. Ci sarà un confronto col governo, chiederò di indicarci le priorità».
Anche se il presidente dell’Ars non ha nascosto che c’è pure un altro tappo che blocca l’attività: «Ci sono tre commissioni parlamentari che hanno esitato zero disegni di legge in 6 mesi. Queste commissioni sono state più impegnate nelle audizioni. Io capisco che queste siano frutto delle pressioni dei deputati per ascoltare le istanze del territorio ma chiederò di concentrarsi su materie che sono oggetto di disegni di legge da portare in aula». Le tre commissioni ferme al palo sono la Attività Produttive, la Ambiente e la Lavoro. Anche se neppure da quelle considerate più attive sono arrivate proposte poi votate in aula.

A questo punto Galvagno, pur non dicendolo esplicitamente, vede davanti a sé il rischio che il Parlamento si fermi per le Amministrative del 28 e 29 maggio per lavorare poi solo sulla legge che reintroduce le Province (cara ai deputati di maggioranza e opposizione) e poi andare in ferie: «Ho intenzione di chiedere al governo di rinviare all’autunno questa norma e di portare in aula altri provvedimenti. In più i lavori andranno avanti fino ad agosto e per le elezioni di maggio si fermeranno solo per una settimana».

Galvagno manda anche un avviso ai naviganti. Lo spunto è il dato che mostra come il 46% (66 articoli su 143) della Finanziaria sia stato impugnato dal governo nazionale per lo più perché le norme impiegavano fondi Fsc di cui non c’è ancora la disponibilità: «Difficilmente per il futuro questa presidenza si assumerà altri rischi di norme che potranno essere impugnate». Significa che tutti i prossimi disegni di legge dovranno avere copertura finanziaria certa e proveniente da fondi regionali.

È un messaggio anche al governo. Ma per i grillini è troppo poco. Per il capogruppo Antonio De Luca «l’unico dato che il presidente dell'Ars doveva comunicare non poteva comunicarlo senza il rischio di provocare una crisi di governo: se l'Ars è quasi catatonica la colpa principale è dell'esecutivo Schifani che in sei mesi di legislatura non ha cavato un ragno dal buco».

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