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Meloni: la sfida di Cospito è allo Stato non al Governo. Pd e M5S lasciano l'Aula

Giorgia Meloni

Resta alta, anzi altissima la tensione in Parlamento sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito. Con il centrodestra ancora all’attacco e l’opposizione che, dopo aver risposto colpo su colpo, a Palazzo Madama si divide: i senatori di Pd, M5S e Avs abbandonano l’Aula per protesta contro Fdi che accusa i Dem di «aver aperto una voragine alla mafia“ andando a visitare Cospito in carcere, mentre Matteo Renzi e il Terzo Polo restano e se la prendono con Roberto Scarpinato, ex Pm ora parlamentare 5 Stelle.
Una bagarre, figlia degli scontri di ieri, cui però la premier Giorgia Meloni vuole mettere ordine. E lo fa in tarda serata, intervenendo telefonicamente su Rete 4 per scandire: “Vorrei fosse chiaro che la sfida di Cospito non è al governo, ma è allo Stato e lo Stato ci riguarda tutti. Non è un tema politico, di destra e sinistra».
Una Meloni che si dice «allibita» delle accuse al suo esecutivo che «sta facendo il suo lavoro, senza alzare i toni» e che anzi chiede di «fare attenzione di fronte a una questione così delicata» perchè da «come si utilizzano certi linguaggi e termini si può ingigantire la cosa».
Un avvertimento che giunge però «tardi». Tra Camera e Senato, infatti, l’informativa di Nordio viene accompagnata passo passo da un duello aspro tra maggioranza e opposizione. La giornata comincia a Montecitorio, con Nordio, chiamato a spiegare come mai il deputato di FdI Giovanni Donzelli sia in possesso di intercettazioni ambientali riservate tra l’anarchico e due boss mafiosi che parlano contro il 41-bis e finisce con il leader del M5S Giuseppe Conte e la Capogruppo Pd Debora Serracchiani che annunciano, a distanza di pochi minuti l’uno dall’altra, di aver presentato due distinte mozioni per chiedere le dimissioni del sottosegretario Andrea Delmastro (FdI) che ha ammesso di aver dato a Donzelli il contenuto delle intercettazioni. Delmastro assicura però in tv che lui a dimettersi non ci pensa proprio.
Il Guardasigilli parla prima alla Camera e la sua informativa non convince l’opposizione. Tanto che alla fine del suo intervento, soprattutto dai banchi del Pd esplode un coro di disappunto. Nordio, infatti, parla molto del caso giudiziario di Cospito ribadendo l’intransigenza dello Stato sul 41 bis, ma al fatto che i documenti divulgati da Donzelli siano o meno riservati dedica solo poche frasi. Ammette che «tutti gli atti riferibili al 41-bis sono sensibili», ma che ci sono aspetti che “meritano doverosi approfondimenti». Si deve capire bene cioè quale livello di segretezza abbiano, chi possa averne conoscenza e se si possano divulgare. E per far questo ha dato incarico al suo Capo di Gabinetto di aprire una sorta di indagine. Sul ‘caso Donzellì, cioè sul fatto che quei documenti siano partiti o meno dal Dap e sulle responsabilità di Delmastro, non dice di più. Anche perché della questione è stata investita la Procura di Roma, su esposto di Angelo Bonelli (Avs) e pertanto si deve aspettare. Immediata la reazione soprattutto del Pd al quale ieri Donzelli ha rivolto con rabbia la domanda: «Questa sinistra dica se sta dalla parte dello Stato o dei mafiosi e dei terroristi!». Serracchiani ribadisce la posizione del Pd: mai messo in discussione il 41-bis e la visita a Cospito nel carcere di Sassari è stata motivata solo «da ragioni d’umanità» visto che l’anarchico, in sciopero della fame da ottobre è in grave condizione di salute. Parla di «attacco grave» e «volgare» da parte di Donzelli e accusa il deputato FdI di aver messo «a rischio» la «sicurezza nazionale» con la divulgazione di quelle intercettazioni. Poi si dice preoccupata per il «silenzio di Giorgia Meloni».
La maggioranza difende Donzelli anche se da parte di FI, con Pietro Pittalis, arriva per lo più un richiamo a non continuare con la delegittimazione dell’avversario sottolineando come comunque l’istituzione della commissione Antimafia sia stata decisa all’unanimità. Una presa di posizione giudicata decisamente troppo «soft» da Giorgia Meloni. Così tocca a FdI alzare i toni con Alberto Balboni che al Senato accusa i parlamentari del Pd di «aver aperto una voragine alla mafia“ andando in carcere da Cospito visti i suoi legami con la criminalità organizzata. Ma nell’Aula di Palazzo Madama ad infiammare gli animi è anche lo scontro tra Renzi e Scarpinato, che chiede le dimissioni di Nordio perché «non ha la forza e l’autorevolezza politica per chiedere le dimissioni di Del Mastro». Dopo l’accusa che Balboni lancia al Pd, il centrosinistra chiede al presidente Ignazio La Russa di censurarlo e alla risposta di La Russa che tutti possono intervenire come vogliono, l’opposizione si alza e comincia a uscire. Quindi prende la parola Renzi che punta il dito contro l’ex Pm. «Il senatore Scarpinato - dichiara - ha iniziato il suo discorso dandomi della faccia tosta perchè si è sentito chiamato in causa sul passaggio del mio intervento in cui dicevo che alcuni magistrati su una presunta trattativa Stato-Mafia hanno costruito una carriera prima in magistratura e poi in politica“ e «vorrei che sia messo agli atti che mi riferivo proprio a Scarpinato». «Prima di venire a dare della faccia tosta - incalza - spieghi le sue strane frequentazioni con Palamara ed il suo atteggiamento folle nelle Istituzioni del Paese come sa bene il presidente emerito Napolitano. Scarpinato si vergogni». Quindi escono anche i senatori M5S, mentre il leader di Italia Viva va verso i banchi del centrodestra per parlare con Balboni.

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