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La svolta energetica dell'Italia: cinque accordi con Algeri, Meloni battezza il Piano Mattei

Giorgia Meloni e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune

Per l’Italia sarebbe «cruciale» nell’ottica di garantire il pieno di energia nel futuro. Per l'Ue sarebbe altrettanto utile a colmare il «vuoto» in Africa, riempito negli ultimi anni da Russia e Cina, «presenze da arginare». Giorgia Meloni dall’Algeria, oggi primo fornitore di gas e domani potenziale principale partner del Piano Mattei, indica i vantaggi che avrebbe il progetto a cui lavora per trasformare la Penisola in un hub energetico, «una porta sull'Europa». Un disegno con «orizzonte di legislatura», in cui i primi mattoncini sono stati messi con le cinque intese firmate durante la visita ufficiale della premier ad Algeri: la dichiarazione congiunta per «rafforzare ulteriormente le eccellenti relazioni» fra i due Paesi nel campo politico, economico e culturale, e i quattro accordi privati, inclusi i due fra Eni e Sonatrach, su idrogeno e riduzione dei gas serra.

Dalla sua prima visita bilaterale ufficiale all’estero, Meloni torna «molto soddisfatta» in Italia, dove i prossimi giorni si annunciano decisamente caldi, fra l’incontro con il guardasigilli Carlo Nordio, il vertice sull'Autonomia, lo sciopero dei benzinai e il nodo delle concessioni balneari. Intanto ad Algeri incassa la conferma della disponibilità a collaborare da parte del più grande Paese africano, il più stabile dell’area. Nel lungo bilaterale con il presidente della Repubblica algerina, Abdelmadjid Tebboune, ci sono temi che non vengono toccati perché le posizioni sono ben distanti, come la guerra russa all’Ucraina, e altri su cui si accettano a vicenda le diversità di vedute, come la situazione della Palestina. Roma e Algeri sono invece completamente allineate sulla necessità di stringere la rete del rapporto fra le imprese (il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha siglato un’intesa con l’omologo algerino), sulla cooperazione industriale («Da marzo Fiat produrrà auto e moto a Orano, e vogliamo produrre la Vespa», ha detto Tebboune), aerospaziale (siglato un memorandum fra le due agenzie nazionali), digitale, navale e ovviamente sul dossier energia.

L’Algeria punta ad accrescere e diversificare la propria produzione, non solo gas naturale ma anche idrogeno e rinnovabili. E ha bisogno del ponte verso l’Europa offerto dall’Italia, che deve però risolvere «il collo di bottiglia» nei gasdotti che attraversano il suo territorio, in particolare al centro del paese. Altrimenti, l’idea dell’hub per redistribuire l'energia nel resto d’Europa resta solo «un grande potenziale che non si esprime», come ha avvertito l’ad dell’Eni, Claudio Descalzi. Meloni conta di avere lo stesso riscontro positivo da altri Paesi africani, «anche meno stabili». E spera di coinvolgere l’Europa. Tre gli argomenti messi sul tavolo dal governo italiano: l'approvvigionamento «in un momento difficile sul piano energetico»; l’argine a Russia e Cina, «la cui presenza è aumentata in Africa con elementi di destabilizzazione evidenti, come la presenza della Wagner»; e gli effetti positivi che una cooperazione «non predatoria» avrebbe sui Paesi da cui arrivano i flussi più importanti di migranti. Il tema rimbalzerà quindi anche nel prossimo Consiglio europeo del 9-10 febbraio. Per Meloni finora l’Ue è stata «miope» sull'immigrazione.

E la premier, concludendo la sua due giorni ad Algeri, lancia un altro avvertimento a Bruxelles, di fronte al rischio di concorrenza sleale da parte di alcuni Paesi, come la Germania. «Mi preoccupa che la Commissione pensi di poter affrontare il problema del rischio della scarsa competitività delle nostre aziende solamente con l’allentamento della normativa sugli aiuti di Stato - ha ammesso -: ovviamente produce una maggiore possibilità per gli Stati che hanno maggiore disponibilità fiscale di aiutare le aziende, rispetto ad altri che ne hanno meno, come il nostro. Se andiamo in ordine sparso non si fa un favore all’Europa».

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