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Perde il reddito di cittadinanza chi rifiuta la proposta di lavoro anche di privati

Stretta al reddito di cittadinanza. Anche il «No» a un’offerta congrua a chiamata diretta da un datore di lavoro privato rientra nel calcolo dei rifiuti che possono costare la perdita del beneficio.
Lo prevede un emendamento presentato dal centrodestra al decreto legge aiuti approvato dalle commissioni della Camera con il voto contrario del M5S. Le offerte congrue possono essere proposte «direttamente dai datori di lavoro privati» ai beneficiari che firmano il Patto per il lavoro (in cui è previsto l’obbligo di accettarne almeno una di tre). Il datore di lavoro privato comunica quindi il rifiuto al centro per l’impiego ai fini della decadenza.

La modifica è frutto di emendamenti identici riformulati presentati anche da Maurizio Lupi (Noi con l'Italia), Riccardo Zucconi (FdI), Rebecca Frassini (Lega), Paolo Zangrillo (FI), da Lucia Scanu e Manuela Gagliardi (Misto). Un emendamento quasi identico era stato presentato da Marialuisa Faro, passata nel frattempo da M5s a Ipf, che lo ha ritirato. Il Pd ha votato a favore, allineandosi al parere del governo. La norma prevede inoltre che il ministro del Lavoro debba definire con decreto le modalità di comunicazione e di verifica della mancata accettazione dell’offerta congrua.

Con l’approvazione dell’emendamento, dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida, «viene finalmente posto un freno allo scempio del reddito di cittadinanza così concepito. Ora, infatti, i datori di lavoro privati potranno formulare offerte direttamente ai percettori che, in caso di rifiuto, vedranno decadere il loro sussidio. Un primo passo per iniziare a smantellare le distorsioni di un provvedimento che non crea occupazione, sperpera risorse e induce al lavoro nero».

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