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L'Ordine dei geologi: «In Sicilia mancano i progettisti per salvare il territorio»

L'allagamento di viale Regione Siciliana, a Palermo, nel luglio del 2020

La burocrazia peggio delle frane, delle alluvioni e perfino dei terremoti. E coi primi incendi si ripropone il problema della gestione del territorio ulteriormente oltraggiato dai roghi. In Sicilia i fondi ci sarebbero pure, tanto è vero che non più di un mese fa lo stesso presidente della Regione, Nello Musumeci, aveva dichiarato che sono disponibili circa 500 milioni per gli interventi contro il rischio idrogeologico. A mancare all’appello, però, sono i tecnici: il personale specializzato per realizzare i progetti non è sufficiente con il risultato che i tempi per rendere esecutive le procedure si allungano, mettendo così a repentaglio le risorse del Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza), quasi un miliardo da spendere nei Comuni, che si potrebbero perdere se non si dovessero rispettare le scadenze. Ed è in ritardo anche l’applicazione del sisma-bonus, che permetterebbe di mettere in sicurezza molti edifici dalla possibilità di crolli in seguito alle scosse. L’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Ordine regionale dei geologi di Sicilia, Mauro Corrao, per il quale è fondamentale ripartire dalla prevenzione per evitare vittime e disastri che si verificano ormai mensilmente in quasi tutte le province dell’Isola.

Ma perché è davvero così importante partire proprio dai piccoli Comuni per rendere meno pericolosi gli effetti di frane e alluvioni?

«Il cemento non consente il drenaggio naturale e il passaggio delle acque senza controllo può provocare danni sia alle infrastrutture che alle persone, quindi la sistemazione delle zone urbanizzate è diventata prioritaria. Ma anche più difficile, soprattutto in gran parte degli enti locali di minore dimensione che non sono attrezzati a svolgere questo compito presentando lacune sia dal punto di vista amministrativo che sul piano tecnico. Molte di quelle figure professionali che, all’interno degli organici comunali, erano preposte alla soluzione dei problemi del territorio sono andate in pensione e non sono state sostituite. Il paradosso è che ci sarebbero le risorse economiche per programmare le attività, manca invece il personale specializzato che possa realizzare i progetti e quello che dovrebbe occuparsi delle successive verifiche nelle zone sottoposte alla riqualificazione».

Quale potrebbe essere la soluzione?

«Si potrebbe decidere di aprire al contributo dei privati ma questa ipotesi si scontra con l’esasperante lentezza della nostra macchina burocratica che spesso sfora i parametri che ci impone la Comunità Europea impiegando troppo tempo per affidare una gara e facendo così sfumare la possibilità di mettere in pratica l’intervento progettato».

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra, l’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale, Palermo, Messina, Enna e Caltanissetta sono le province a maggiore rischio idrogeologico.

«Queste zone sono state individuate dal Piano di assetto idrogeologico attraverso una serie di documenti in cui vengono forniti gli aggiornamenti sulle più forti criticità del territorio. Di recente la Protezione Civile ha ulteriormente approfondito i parametri contenuti in queste mappe, introducendo quelle che vengono definite interferenze idrauliche, cioè tutte quelle strutture che rappresentano un impedimento al regolare defluire delle acque. Ed è uno strumento preziosissimo perché si è visto che le ultime alluvioni hanno provocato i guasti maggiori proprio dove ci sono questi ostacoli, come ad esempio è accaduto nell’estate di due anni fa a Palermo: l’allagamento di viale Regione Siciliana e la potenza dell’acqua hanno praticamente bloccato la città trascinando le auto e danneggiando molti edifici».

Cosa sta succedendo con il sisma-bonus?

«Non viene usato perché la documentazione da presentare è più complicata e inoltre il suo utilizzo è facoltativo. Tanti cittadini, infatti, preferiscono richiedere solo l’ecobonus, che serve a migliorare l’efficienza termica, e l’agevolazione per il rifacimento delle facciate degli edifici. E così tra qualche anno potremmo ritrovarci con palazzine o corpi di fabbrica dall’aspetto apparentemente bellissimo, magari dotati di pannelli solari, che però potrebbero crollare al primo terremoto più violento degli altri».

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