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Sulle tariffe dell’acqua è caos alla Regione Siciliana

Una norma della giunta Musumeci: fissiamo noi i prezzi. Un escamotage per evitare una valanga di richieste di rimborso

La sorgente di Scillato

Messa da parte l’ambizione di approvare una riforma del sistema di gestione dell’acqua in Sicilia, il governo regionale guidato dal presidente Nello Musumeci prova a portare all’Ars un articolo di poche righe che potrebbe almeno mettere una falla a un buco normativo che sta provocando ricorsi dal valore enorme per ottenere il rimborso di buona parte delle bollette idriche degli ultimi anni. Ma anche su questa norma si addensano nubi che non lasciano prevedere un cammino parlamentare privo di ostacoli.

La norma è quella che assegna alla Regione il compito di fissare la tariffa dell’acqua in Sicilia. Ed è un provvedimento che nasce da una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa che nell’autunno scorso ha dichiarato illegittima la tariffa fissata da Siciliacque, la partecipata che cura la distribuzione a livello regionale. Da questa sentenza, che di fatto toglie uno scudo al prezzo applicato all’acqua negli ultimi anni, stanno nascendo una serie di ricorsi per ottenere i rimborsi di quanto pagato in più. È una rivolta guidata dalle varie associazioni che, in nome del principio «acqua pubblica», a livello locale hanno sempre segnalato differenze significative nel prezzo imposto fra una provincia e un’altra. Rimborsi che Siciliacque ha sempre detto di voler trasformare al massimo in conguagli ma solo dopo che sarà fissata la nuova tariffa.

In realtà da fine 2021 a oggi una nuova tariffa non è stata fissata. È un caso che la giunta Musumesi pensa di risolvere con una norma di poche righe che attribuisce al governo la responsabilità di indicare i nuovi prezzi. Ma impone alcuni paletti: le tariffe vanno allineate a quelle decise dalla Arera, l’agenzia nazionale. E in più vanno in qualche modo concordate con i territori a cui si applicano. Un passaggio che verrebbe assicurato attraverso la richiesta di un parere (obbligatorio ma non vincolante) a una commissione da comporre mettendo insieme l’assessore alle Acque e i vertici dei 9 Ato idrici provinciali.

Si tratta di una norma di poche righe che viaggia in un disegno di legge che mette insieme altri provvedimenti come lo sblocco delle assunzioni nelle participate. Al momento è all’esame della commissione Bilancio che vorrebbe spedirla al voto in aula entro fine mese, prima della Finanziaria. Ma in molti all’Ars, soprattutto fra i grillini, hanno già intravisto degli errori da correggere. E lo stesso hanno notato gli uffici dell’Ars. I giuristi del Parlamento regionale hanno messo per iscritto le loro perplessità in un dossier che accompagna il testo del governo. In primis i tecnici hanno ricordato che a livello nazionale la competenza a decidere la tariffa è assegnata agli Ato e non alla Regione. La Regione ha obiettato che in Sicilia c’è una situazione particolare: Siciliacque non vende direttamente agli utenti ma all’ingrosso ai Comuni. Da qui la necessità di una tariffa regionale.

È una obiezione che non ha convinto gli uffici dell’Ars: «La soluzione proposta presenta aspetti problematici sotto il profilo della legittimità e della compatibilità con il codice dell’ambiente». In più il dossier degli uffici ricorda che la Corte Costituzionale già nel 2017 ha dichiarato illegittima una norma simile e conclude non nascondendo il timore che anche questa nuova proposta possa «esporsi a una impugnativa da parte del governo nazionale». A meno che la procedura ideata dalla Regione non contempli anche la creazione di una sorta di Ato regionale che si occupi proprio della tariffa. Ma questo era oggetto di un progetto di riforma che, almeno per il momento, è stato sostituito proprio dal singolo articolo ora finito nel ciclone.

 

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