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Olio di ricino come carburante, Cingolani: compatibile con i motori attuali

Roberto Cingolani

Da strumento di tortura fisica e psicologica durante il ventennio fascista a biocarburante in grado di abbattere fino al 90% le emissioni di anidride carbonica. Il passo non è stato breve ma, a 100 anni di distanza, l’olio di ricino, prodotto dalle molteplici qualità ma istintivamente associato in Italia alle purghe delle camicie nere, potrebbe vivere finalmente il suo riscatto. Grazie a tecnologie innovative, ha spiegato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, una volta trattato l’olio potrebbe infatti sostituire anche il ben più inquinante diesel come carburante per i camion, risultando perfettamente compatibile con i motori attuali.
La novità trova spazio nell’ultimo decreto bollette varato dal governo venerdì. Tra gli interventi, ha spiegato Cingolani, c’è anche «un investimento un pò più tecnologico sui biocarburanti, soprattutto quelli in purezza, da filiere sostenibili», alcuni dei quali vengono appunto proprio dall’olio di ricino. L’obiettivo è arrivare ad «una emissione di 200mila tonnellate nel 2023 e una progressione annuale di 50mila tonnellate ogni anno», che consente anche di raggiungere la percentuale richiesta dalla nuova direttiva Ue, cioè il 16% di biocarburanti entro il 2030.
L’olio di ricino trova in realtà già oggi moltissimi impieghi, come lubrificante in meccanica, come fluido idraulico in circuiti frenanti, nella produzione di inchiostri e pigmenti, ma anche nell’industria farmaceutica e della cosmetica, come fortificante per capelli, ciglia e unghie. L’ultima frontiera sarebbe dunque quella dell’autotrazione.
In un business che in Italia l’Eni ha già pienamente colto. Con l’obiettivo di abbandonare del tutto entro il 2023 il ricorso all’olio di palma, il gruppo ha da tempo avviato una sperimentazione in Tunisia per la coltivazione del ricino in zone semi-desertiche. La pianta è infatti in grado di crescere con poca acqua, anche non potabile, senza sottrarre spazio ai terreni agricoli ed evitando la competizione con il settore alimentare. E più recentemente, all’inizio del 2021, Eni ha stretto accordi con altri Paesi africani, Angola, Kenya, Benin e Repubblica del Congo, proprio per lo sviluppo degli agro-biocarburanti.
Nella stessa direzione va anche l’alleanza siglata dal cane a sei zampe a novembre dello scorso anno con Bonifiche Ferraresi per lo sviluppo, questa volta in Sardegna, di prodotti agricoli sostenibili per la produzione di biocarburanti. La bioraffinazione dovrebbe avvenire nelle due 2 raffinerie convertite dal gruppo, a Gela e a Porto Marghera.

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