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Notte di riflessione per Mattarella, poi il sì per la stabilità

This handout photo provided by the Quirinal Press Office shows Italian President Sergio Mattarella delivering his year-end speech, the last of his seven-year term, in Rome, Italy, 31 December 2021. ANSA/ QUIRINAL PRESS OFFICE/ PAOLO GIANDOTTI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

«Ho troppo rispetto per il Parlamento per non accettare». Sergio Mattarella, dopo una notte di riflessione, accetta il bis. E lo fa per quel senso di rispetto verso le istituzioni che ha caratterizzato tutto il suo settennato. Lo fa comprendendo che ogni altra scelta avrebbe messo a rischio la stabilità del governo in una fase difficilissima per l’Italia e l’Europa. Accetta dopo aver sentito il premier Mario Draghi, anch’egli ormai convinto - nonostante il mai nascosto desiderio di salire al Colle - che una sua uscita di scena da palazzo Chigi avrebbe comportato un rischio gravissimo per il Paese. Mattarella e Draghi si confrontano di persona sulla scelta e probabilmente le parole di Draghi hanno avuto un peso sulla determinazione del capo dello Stato. Non che il presidente non avesse già metabolizzato l’idea che circola da settimane.

L'ipotesi del bis è cresciuta nelle ultime 48

Ma nelle ultime 48 ore era diventata un’ipotesi terribilmente concreta. Il balletto mediatico su nomi e personalità di tutto rispetto bruciate nel battito di un ciglio gli aveva fatto capire quanto la situazione fosse complessa. La bruciatura poi della seconda carica dello Stato, cioè la presidente del Senato Elisabetta Casellati, aveva grandemente preoccupato il presidente. Poi l’onda inarrestabile del voto parlamentare con quella marea di schede con il suo nome aveva fatto il resto. A nulla erano serviti i suoi dinieghi, le perplessità o gli scatoloni. A niente le foto del suo trasloco nella nuova casa romana. L’onda era ormai uno tsunami. Restava da definire il perimetro di un convincimento sofferto che in cuor suo Sergio Mattarella sapeva non poter disattendere. Un presidente che in cento e più discorsi aveva invitato la politica ad avere sempre presente «il bene comune» e non gli interessi personali non avrebbe potuto dire di no. E lui lo sapeva, forse lo temeva. Ma c’erano dubbi costituzionali ed anche di opportunità che lo hanno lacerato in queste ore. Ecco perchè il perimetro dell’offerta doveva essere chiaro, anzi chiarissimo: in una parola, la stabilità. Ecco perchè tutto ciò non sarebbe stato possibile se si fosse trattato di una richiesta di parte. Al minimo doveva essere l’attuale maggioranza, compatta, a chiedergli l’ulteriore passo in avanti. E questo è esattamente quello che è successo.

Il momento della svolta

La svolta è avvenuta ieri sera (28 gennaio) quando, prima Forza Italia, e poi la Lega hanno alzato bandiera bianca nel loro frenetico compulsare profili e hanno detto a chiare lettere che avrebbero lavorato per la continuità e, soprattutto, confermato il loro appoggio al governo di Mario Draghi. Manca Fratelli d’Italia, certo. Ma il no di Giorgia Meloni era considerato al Quirinale fisiologico. Infatti un fiume di voti lo ha costretto a rimanere a casa sua, il Quirinale.

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