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Ai Comuni mancano i tecnici, non spesi 320 milioni per interventi contro frane e alluvioni

Allagamenti ad Augusta

Nei cassetti restano 320 milioni. Soldi che lo Stato ha messo a disposizione della Regione per fronteggiare alluvioni e frane e che adesso si traducono in occasioni perse. Perché Palazzo d’Orleans aspettava dai Comuni i progetti e nel frattempo i sindaci scoprivano che negli uffici non c’era nessuno in grado di farli.

Mentre il ciclone Apollo sferza la Sicilia sud orientale, a Palermo è tempo di bilanci. E polemiche. L’ufficio del commissario contro il dissesto idrogeologico, guidato dall’ex assessore all’Ambiente Maurizio Croce, da un paio di giorni mette sul tavolo tabelle che descrivono gli investimenti fatti. E il bilancio vede in corso lavori o gare per 475 milioni. Soldi che Musumeci ha sottolineato di avere investito in appena 3 anni a fronte del fatto che fossero a disposizione della Regione dal 2014. E tuttavia c’è un altro dato che si scorge in controluce, quello dei soldi non ancora spesi: la Regione ieri ha fatto sapere che i 475 milioni «impegnati», cioè legati a progetti in fase di realizzazione o anche solo in gara, sono quasi il 60% del budget totale. E il totale è di 795 milioni. Significa che in 7 anni per i restanti 320 milioni non è arrivato neppure un progetto, o almeno neppure uno definitivo.

Gli uffici del commissario Croce hanno spiegato ieri che per investire i fondi a disposizione servono progetti definitivi, quelli che permettono di bandire subito una gara. Ed è proprio il livello di progettazione che manca ai sindaci. Ecco perché ci sono aree della Sicilia in cui si è investito poco o nulla sul fronte del contrasto alle frane e della prevenzione delle alluvioni. I 152 progetti in corso di realizzazione istruiti dal commissario riguardano per lo più il Messinese (sono 77), la provincia di Palermo e in parte quella di Catania. Altrove solo sporadici interventi, quasi nessuno nel Siracusano e Ragusano, dove attualmente è più minaccioso Apollo. E la spiegazione è, appunto, che non sono arrivati progetti esecutivi. Perfino a Scordia, dove si sono registrati i primi due morti di questa emergenza, il progetto di prevenzione delle alluvioni c’è ma è arrivato solo alla fase della firma dei contratti: neppure una pietra è stata posata per un appalto da 4 milioni e 330 mila euro.

L’Anci, l’associazione dei sindaci guidata da Leoluca Orlando, conferma le difficoltà: «Da tempo denunciamo che negli uffici dei Comuni mancano almeno 15 mila funzionari - ha spiegato ieri il segretario Mario Emanuele Alvano - e di questi almeno 4 mila sono dirigenti ed esperti dei settori tecnici. In questo modo da anni finiamo per chiedere proroghe di scadenze invece che presentare progetti per spendere i soldi disponibili, in questo come in molti altri settori». Anche per questa emergenza i sindaci siciliani mercoledì sfileranno a Roma sotto Palazzo Chigi chiedendo lo sblocco delle assunzioni.

Nell’attesa però resta il problema dei fondi fermi nei cassetti. E non è il solo. L’ufficio del commissario straordinario ha spiegato ieri che la carenza o l’imperfezione dei progetti rallentano le gare e allungano i tempi degli interventi. E nel frattempo il mutamento climatico galoppa e, complice la cementificazione selvaggia che ogni anno si allarga di circa 600 ettari, devasta le città.

Il problema della imperfezione dei progetti è molto avvertito in questa fase. Succede - spiegano alla Regione - che i Comuni spediscano progetti redatti perfino negli anni Novanta. E dunque, seppure formalmente completi, questi piani non possono essere messi subito in gara. Servono aggiornamenti difficili da ottenere. Un esempio in questo senso è il cosiddetto canale di gronda di Catania, che avrebbe potuto convogliare gran parte delle acque «scivolate» dai paesi dell’Etna evitando che le strade della città venissero invase da fiumi in piena. Questo progetto, finanziato nel 2015 con 50 milioni, non è mai andato in gara proprio perché troppo datato: lo hanno fatto sapere ieri gli uffici del commissario straordinario.

Per tutti questi motivi il bilancio al momento vede appena 28,6 milioni spesi fra il 214 e il 2017. Altri 440 circa impegnati (quindi non del tutto spesi) fra il 2018 e oggi per mettere in sicurezza le infrastrutture, frenare l’erosione costiera (in 45 Comuni) e prevenire il rischio idraulico. In tutto sono stati così finanziati 239 interventi: molti in corso di realizzazione e alcuni solo alla fase iniziale della gara.

Di fronte a queste cifre i sindacati hanno alzato la voce. «Non si è fatto nulla per mettere in sicurezza la nostra isola nonostante ormai questi eventi siano prevedibili - ha detto il segretario della Uil, Claudio Barone -. Quello che grida vendetta è che le risorse ci sono e non vengono spese. Non ci si può lamentare il giorno dopo, facendo la conta dei danni, e non fare nulla per prevenire o risolvere». Mentre per i segretari generali della Cgil Sicilia, della Flai e della Fillea regionali Alfio Mannino, Tonino Russo e Giovanni Pistorio «manca un governo del territorio. Oggi agire significa mettere in calendario subito gli interventi da fare con i fondi possibili. Al governo regionale chiediamo risposte immediate». In particolare la Cgil chiede che «tutte le risorse del Fesr (i fondi europei tradizionali, ndr) siano utilizzate per interventi di messa in sicurezza del territorio. Il dissesto idrogeologico in Sicilia è un fatto acclarato e non intervenire è da irresponsabili».

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