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Il governo alla sfida del reddito di cittadinanza

Il premier Mario Draghi

La revisione del reddito di cittadinanza e la riforma degli ammortizzatori sociali. E poi c’è quella del fisco, col taglio del cuneo. La partita della Manovra si gioca sul difficile equilibrio fra le richieste dei partiti. D’altronde, quando si arriva alla ripartizione delle risorse, le mediazioni non si fanno a parole ma coi numeri. E quelli non barano: misurano le distanze fra forze politiche che stanno al governo da prospettive opposte. Martedì dovrebbe esserci il momento della verità. Per quel giorno è atteso un consiglio dei ministri che si occuperà di Manovra, anche per definire il Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Prima della riunione del governo, con ogni probabilità ci sarà una cabina di regia.
Il tema politicamente più sensibile è quello del reddito di cittadinanza. Il Movimento Cinque Stelle non vuole che la «sua“ misura venga toccata, ma il fronte di chi intende metterci mano è ampio: Lega, FI e Iv vorrebbero intervenire col caterpillar. E pure il Pd, con più cautela, chiede che venga cambiato.

Uno dei nodi è il meccanismo per la ricerca del lavoro, cioè come fare in modo che il reddito di cittadinanza impegni i destinatari a trovare un impiego. Che poi è anche uno strumento per rendere la misura meno costosa. «Mettere in discussione il reddito di cittadinanza è fuori dal tempo - ha detto il ministro Cinque Stelle, Stefano Patuanelli - Se poi parliamo di come far sì che la parte di occupabili possa più facilmente trovare una nuova occupazione siamo disponibilissimi a ragionare». Anche per il premier Mario Draghi è necessario rivedere le politiche attive del lavoro. Il gruppo di esperti guidato dalla sociologa Chiara Saraceno consegnerà il suo rapporto a fine mese. Fra i suggerimenti, ci sarebbe quello per una revisione dei requisiti (come le competenze o la distanza da casa) che determinano la congruità dell’offerta di lavoro a chi percepisce il reddito, in modo da arginare la possibilità di rifiutarla. E poi altre indicazioni: potenziare i progetti utili alla collettività che il Comune di residenza «offre» a chi percepisce il reddito ed eliminare gli scogli che adesso si trovano di fronte le famiglie numerose e con minori che intendano accedere al sussidio. E anche di rendere meno rigidi i paramenti per assegnarlo agli immigrati. Sull’investimento in Manovra di certo adesso ci sono solo i 200 milioni inseriti nel decreto fisco per arrivare fino al 31 dicembre. E già su quelli lo scontro è stato duro, con la Lega e il M5s che se ne sono dette di tutti i colori. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sta progettando una riforma degli ammortizzatori sociali, con una serie di interventi, come l’estensione delle protezioni ai lavoratori autonomi, in modo da superare o estendere il concetto della Cig. In tutto, servirebbero circa 8 miliardi. Per il momento, però, a disposizione ce ne sarebbe più o meno la metà.

Le altre forze di maggioranza - Lega, Iv e FI - mirano al taglio dell’Irpef, nella riforma fiscale: per quella a disposizione ci sarebbero intorno ai 6 miliardi. Ma ne servono di più. Pure il Pd punta a ridurre le tasse sul lavoro - anche per garantire più potere di acquisto ai dipendenti - e su questo ci sarebbe stata una certa convergenza con Confindustria, nell’incontro avvenuto al Nazareno. Uno strumento per reperire risorse potrebbe essere la rivisitazione del cashback, per il momento sospeso ma non ancora cancellato: ma è un’altra delle misure simbolo del governo Conte che il Movimento cerca di salvaguardare. C’è poi il capitolo Quota 100, che scade a fine anno. Malgrado la Lega ne chieda il rinnovo, il governo è al lavoro per definirne le sorti. Una delle ipotesi è quella di sostituirla con l’Ape ‘contributivà. In pratica, come proposto del presidente dell’Inps Pasquale Tridico, le persone di 63 o 64 anni potrebbero accedere alla quota contributiva maturata alla data della richiesta, per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età di anzianità.

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