Dopo la strage di via d’Amelio, «a quasi trent'anni da quella stagione di eversione mafiosa, le sue verità sono ancora materia viva e scomoda. Verità che preoccupano, oggi come ieri; e che inducono taluni a forzare la ricostruzione dell’attentato verso spiegazioni meno traumatiche, oggi come ieri». Una storia che «non è mai finita e i depistaggi sono ancora in corso», come ha affermato, durante la sua audizione, il procuratore Roberto Scarpinato, offrendo «la chiave dell’inchiesta che ha impegnato in questi mesi la commissione». Si legge nella seconda relazione della commissione regionale Antimafia all’Ars, sul depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio, nella quale persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta. «Da questa suggestione, che tale purtroppo non è, si muove il nostro lavoro - si legge ancora - mettere a fuoco il tentativo attuale di deviare non tanto il corso delle indagini (sono già stati celebrati quattro processi) quanto la ricerca storica di una verità compiuta su mandanti e movente della strage di via D’Amelio». Il riferimento stavolta è anche alla dinamica della strage proposta dall’ex collaboratore di giustizia Maurizio Avola che «suona falsa». Una «riscrittura radicale e assai tranquillizzante della strage», una versione dei fatti e dei mandanti che «vorrebbe ribaltare la ricostruzione processuale offerta in questi anni da Spatuzza che in più occasioni ha confermato la presenza di un estraneo a Cosa nostra attorno alla 126 imbottita d’esplosivo il giorno prima della strage» Allargare lo sguardo su cosa accadde in quei 57 giorni fra Capaci e via D’Amelio, sulle inquietudini del giudice Borsellino, su ciò che aveva intuito o saputo e che si preparava a dire; raccontare quella strage non come un ultimo disperato colpo di coda di Cosa nostra ma come il punto d’arrivo di un disegno più ambizioso e devastante per i destini del Paese: insomma, parlare di via D’Amelio «sapendo di non poter parlare solo di mafia è cosa che fa ancora paura». A ventinove anni dalla morte di Paolo Borsellino - sottolinea la relazione dell’Antimafia dell’Ars - si preferisce che la corda pazza di quella strage non venga sfiorata. E i depistaggi, ieri come adesso, sono lo strumento più efficace». Lo scopo della Commissione Antimafia dell’Ars, viene ribadito, «è stato quello di indagare, già tre anni fa, su un tassello di questa matassa, il depistaggio sul delitto Borsellino, che paradossalmente appare essere oggi una delle poche certezze in mezzo a tanti misteri». Certamente «era possibile svelare e disinnescare - si dice convinta la commissione nella relazione - quantomeno sul piano strettamente processuale, il depistaggio consistente nell’irruzione di Vincenzo Scarantino sullo scenario, ben prima e indipendentemente dalla collaborazione di Gaspare Spatuzza avvenuta nel 2008. Se ciò non è accaduto è per il combinato disposto tra la conduzione supponente e superficiale delle indagini da parte dei pm di Caltanissetta e la scelta di assecondare acriticamente in alcune sentenze quella ricostruzione fallace e sommaria». Resta, infatti, «drammaticamente senza risposta l’interrogativo circa la tenace determinazione della Procura della Repubblica di Caltanissetta dell’epoca di insistere irriducibilmente, in tutti i dibattimenti celebrati sulla strage fino al 2002, sulla piena affidabilità di Scarantino, di Andriotta e degli altri falsi collaboratori, ancorchè diversi dati e svariati elementi estraibili soprattutto dalle molteplici sentenze pronunciate fino ad allora deponessero decisamente per il contrario, anche al netto dei citati confronti». In questi mesi l’Antimafia regionale ha messo insieme «dettagli, omissioni, forzature, ingenuità, menzogne: i molti tasselli che costituiscono la solida impalcatura di questo depistaggio», ma a quasi trent'anni dalla stagione delle stragi che hanno cambiato il volto dell’Italia, «l'unica certezza che abbiamo è che «non esiste ancora una verità storica (nè una verità giudiziaria) in grado di ricostruire compiutamente autori, moventi, mandanti e contesto storico in cui avvennero quegli spaventosi attentati, senza precedenti nel continente europeo dalla fine della guerra».