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Vaccini, il nuovo piano del governo secondo il modello inglese: spostare i richiami

Una infermiera prepara una dose di vaccino

La parola d'ordine è vaccinare di più per battere le varianti che mantengono alti i numeri del contagio. Il modello è quello inglese, e dunque ora l'ipotesi è non perdere tempo prezioso e usare più dosi possibili per più persone usando le fiale AstraZeneca che già si dispongono, senza accantonarle per i richiami. Sarebbero queste le intenzioni del governo sulla rimodulazione del piano vaccinale anche per superare i rallentamenti accumulati in queste settimane per i tagli delle forniture e la minaccia dei nuovi contagi da variante.

Anche perchè il vaccino AstraZeneca già con la prima dose ha dimostrato di avere una efficacia del 73% e, fanno notare gli esperti, non è un vaccino "di serie B": a conti fatti, in tre casi su quattro AstraZeneca protegge dalle forme lievi della malattia mentre nella totalità dei casi impedisce le forme gravi che portano in ospedale. E c'è di più: come ha spiegato il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, somministrando la seconda dose a 12 settimane dalla prima, l'efficacia del vaccino AstraZeneca è nell'ordine dell'82% per tutte le forme di Covid-19.

In questa direzione spingono anche le dichiarazioni del professor Andrea Crisanti il quale oggi spiega che "In Italia dovremo difenderci dalla variante inglese, e invece di immunizzare il 70% della popolazione dovremo immunizzarne il 75-80%. Questo significa che i tre milioni di persone che abbiamo già vaccinato di fatto è come se non le avessimo vaccinate e dobbiamo ripartire da zero".

In questo senso si inserisce la decisione della Regione Umbria, dove i contagi sono esplosi da giorni, di ridurre dal 50 al 30 per cento la scorta del vaccino AstraZeneca dedicato ai richiami per vaccinare il più possibile professori e forze dell'ordine. Non solo: la Regione chiede una fornitura maggiore a chi ha le zone rosse. Anche Pierluigi Lopalco, assessore alla Sanità della Regione Puglia, indica due mosse: la prima è di "abolire le assurde distinzioni fra i vari vaccini. Sono tutti buoni, possono tutti essere usati per tutte le categorie e tutte le età".

La seconda è quella di "spostare il richiamo - prosegue - per tutti i vaccini, a 12 settimane. Una dose di vaccino conferisce una buona protezione dalla malattia grave. Meglio avere due persone protette subito al 65% che una persona protetta fra un mese al 90%. Sono due mosse a costo zero. Anzi no, a costo di un briciolo di coraggio da parte di chi deve prendere questa decisione". Ma i tecnici, secondo quanto si apprendere, pur favorevoli allo spostamento della seconda dose di AstraZeneca, ritengono ancora che per Pfizer e Moderna sia preferibile rispettare le indicazioni dei 21 giorni.

Intanto oggi è arrivato il via libera al protocollo d'intesa nazionale tra medici di famiglia, governo e Regioni che definisce la partecipazione dei medici di base alla campagna vaccinale anti-Covid in corso. Per fine marzo l'Italia, assicura Locatelli, dovrebbe ricevere, da inizio campagna vaccinale, 13 milioni di dosi.

È "vincente", secondo il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, proprio agire "in modo selettivo" sul territorio e cercare di vaccinare il numero più ampio della popolazione, anche in vista dell'aumento dei contagi da variante inglese. Ecco perchè è fondamentale l'alleanza con i medici di famiglia. Dal canto loro le Regioni lamentano i tagli di forniture e spingono per agire da sole per reperire un numero maggiore di dosi e lamentano i ritardi definiti "inaccettabili", dal governatore della Lombardia Attilio Fontana.

Il leader della Lega Matteo Salvini è tornato ad attaccare il commissario Domenico Arcuri "perchè ha fallito". Ma sul "fai da te" su acquisti e produzione invocato dalle Regioni incombono le inchieste della magistratura sul mercato parallelo. "Immagino che i nostri servizi di Intelligence - osserva Locatelli - possano dare un contributo non irrilevante e fare tutti gli approfondimenti".

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