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Mafia, approvato il decreto per far tornare in carcere i boss: stretta sui permessi

Arriva il via libera del Consiglio dei ministri al cosidetto "decreto boss" con una prima stretta sulle scarcerazioni dovute all'emergenza coronavirus. Accadrà infatti che dopo una prima valutazione del tribunale di sorveglianza a 15 giorni dalla scarcerazione, ascoltato il parere della Procuratore distrettuale antimafia e del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo verificherà, con cadenza mensile, se persistono le condizioni valide per la scarcerazione.

Con il decreto approvato "ribadiamo con fermezza quanto lo Stato sia impegnato nella lotta alla mafia. Un impegno che continuiamo a portare avanti, in onore della memoria di chi su questo terreno ha perso la vita e i propri affetti, nonché per il futuro dei nostri figli. La mafia mina le fondamenta della democrazia del nostro Paese e dobbiamo mettercela tutta affinché la giustizia faccia sempre il suo corso, fino all'ultimo", ha detto il ministro della Giustizia Bonafede.

"Nessuno può pensare di approfittare dell'emergenza sanitaria determinata dal Coronavirus per uscire dal carcere - ha sottolineato -. E' un insulto alle vittime, ai loro familiari e a tutti i cittadini, che in questo momento stanno anche vivendo tante difficoltà. I magistrati applicano le leggi e come sempre io rispetto la loro autonomia e indipendenza. C'è una nuova norma che mette ordine alla situazione. In un momento così straordinario si stava andando avanti con vecchi strumenti".

"Il provvedimento, in sintesi, consente ai giudici di rivalutare, alla luce del mutato quadro sanitario - ha spiegato Bonafede -, con una diversa situazione a livello di disponibilità di strutture penitenziarie e ospedaliere, le concessioni da loro disposte nei confronti dei detenuti a causa della diffusione del Covid-19".

"La settimana scorsa abbiamo approvato un decreto che rende obbligatoria la richiesta del parere della direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo - ha proseguito -, prima di assegnare la detenzione domiciliare, e, stando ai dati di questa prima settimana, sta già dando i suoi frutti: abbiamo fermato l'emorragia. Oggi chiudiamo il cerchio".

"Con questi due decreti ribadiamo con fermezza quanto lo Stato sia impegnato nella lotta alla mafia - ha affermato -. Un impegno che continuiamo a portare avanti, in onore della memoria di chi su questo terreno ha perso la vita e i propri affetti, nonché per il futuro dei nostri figli. La mafia mina le fondamenta della democrazia del nostro Paese e dobbiamo mettercela tutta affinché la giustizia faccia sempre il suo corso, fino all'ultimo".

"Promuoviamo una sinergia, un gioco di squadra, perché saranno chiamati in causa l'autorità sanitaria e il dipartimento amministrazione penitenziaria, affinché diano ai giudici, cui rimane ovviamente l'ultima parola, un quadro sulla disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato, o chi si trova in custodia cautelare, può riprendere la detenzione - ha concluso -, chiaramente senza alcun pregiudizio per le sue condizioni di salute".

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