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Crisi, verso l'intesa per governo M5s-Pd: Conte bis più vicino

Nicola Zingaretti arriva a Palazzo Chigi

È a un passo l’intesa per un governo di Movimento 5 stelle e Partito democratico. Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, dopo giorni di contatti a intermittenza, si siedono al tavolo di Palazzo Chigi. E il capo M5s incassa l'apertura del Pd a Giuseppe Conte: potrebbe essere confermato per un bis, alla guida di un esecutivo giallorosso.

Al Quirinale è tutto pronto per le consultazioni che partiranno domani pomeriggio. Martedì sarà la giornata dei big e dell’incarico. L'intesa non è chiusa, avvertono dal Nazareno: Zingaretti vuole segnali concreti di discontinuità rispetto al governo con la Lega, mentre Di Maio alza fino all’ultimo la posta invocando per il M5s, che ha più parlamentari, incarichi di peso.

Se Conte, come sembra, sarà indicato premier, sia chiaro - sottolineano i Dem - che non è un terzo o garante (come con la Lega), ma un esponente del Movimento, in un patto tra pari su un unico programma. Il leader Pd si dice «ottimista» su «un governo serio, che duri».

Il segnale che si fa sul serio, arriva alle 18, quando l’auto di Zingaretti varca il portone di Palazzo Chigi, dove lo attende Di Maio, nel suo ufficio di vicepremier. Un colloquio di 25 minuti appena, il segretario Dem viene immortalato dai fotografi scuro in volto. Lunghi minuti di silenzio, poi dal Nazareno dicono che non c'è ancora l’intesa sulla premiership ma M5s e Pd si rivedono alle 21, per un vertice notturno: al tavolo, in quota M5s, al fianco di Di Maio c'è proprio Conte, mentre Zingaretti è accompagnato da Orlando, che alcune voci accreditano come possibile vicepremier, se il segretario Dem sceglierà di restare fuori dal governo.

«È partito il confronto sulle idee per un governo autorevole, di svolta», dice davanti al portone del Nazareno il leader Pd, che fino all’ultimo invoca un ricambio dei nomi e non si sbilancia sulla premiership. L’accelerazione risponde all’auspicio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a sciogliere in pochi giorni la crisi di governo. Entro la serata - le 19 secondo alcune fonti parlamentari - il Quirinale aveva chiesto di avere indicazioni chiare dai partiti. Le risposte finali dovranno arrivare nelle consultazioni che il capo dello Stato convoca tra martedì e mercoledì. Se mercoledì le delegazioni del Pd e del M5s esprimeranno la volontà di formare un governo politico, il capo dello Stato assegnerà l’incarico al premier da loro indicato, che avrà un tempo congruo, nei limiti della ragionevolezza - si ipotizza una settimana - per comporre la squadra dei ministri. L’accelerazione spegne il «forno» che Di Maio aveva tenuto acceso fino all’ultimo con Matteo Salvini: è un "conclave" pomeridiano con Davide Casaleggio e tutti i big del Movimento a dare mandato al capo M5s di trattare col Pd.

La Lega fino all’ultimo gli offre il ruolo di premier e promette che il nuovo patto «gialloverde» sarebbe stato «di legislatura». Poi alle 20 Matteo Salvini si arrende: «Vince il partito delle poltrone, il governo di Bibbiano, non faccio appelli alle piazze ma la via maestra è il voto», dichiara mentre Giorgia Meloni annuncia che Fdi è pronta a manifestare. Forza Italia, che ha un fronte di parlamentari tentati dall’appoggio esterno, si prepara all’opposizione. Mentre Liberi e uguali (nel pomeriggio c'è un incontro di Orlando con Federico Fornaro e Roberto Speranza) sembra pronto a fare ingresso nell’esecutivo.

Con l’incontro notturno a Palazzo Chigi, entra nel vivo la trattativa giallorossa, che può riservare sorprese in extremis. Serve un «programma comune», invoca Zingaretti. Superato lo scoglio del premier - anche se il bis di Conte è considerato dal M5s a un passo - dovranno essere definite le altre caselle. Di Maio dovrebbe restare al governo, anche se i Dem invocano per lui un portafoglio meno pesante. Zingaretti sembra determinato a non entrare: potrebbe indicare vicepremier uno dei suoi vicesegretari, Orlando o De Micheli. I contorni dell’intesa si vedranno meglio nelle riunioni di direzione Pd e gruppi Dem convocati quasi in contemporanea martedì sera. I nodi da sciogliere sono numerosi.

Gli scogli futuri già si intravedono, a partire dalle commissioni parlamentari che resteranno a guida Lega (su tutte le Bilancio) fino a metà legislatura. In più c'è l’incognita dell’azionista di maggioranza dei gruppi Pd, Matteo Renzi: la scommessa è che dal giorno dopo il giuramento inizi a pungolare.

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