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Siri indagato e Raggi nel mirino, ora è scontro totale tra Lega e Cinquestelle

I due vice premier Matteo Salvini (D) e Luigi Di Maio (S) durante il giuramento del Governo

L'indagine su Siri apre un nuovo fronte nello scontro infinito nel governo tra Lega e M5s.  Il sottosegretario ai Trasporti della Lega e consigliere economico di Salvini è accusato dai magistrati palermitani di aver ricevuto denaro per inserire una norma sulle energie rinnovabili nella manovra.

Siri respinge "categoricamente" ogni accusa: "Non ho fatto niente di male". Matteo Salvini lo difende dicendo che deve restare al suo posto. Ma Luigi Di Maio invoca subito le dimissioni, Danilo Toninelli ritira le deleghe al sottosegretario, Giuseppe Conte gli chiede un "chiarimento".

Insomma, la tensione è sempre più alta tra i ministri di Lega e M5s. E il clima peggiora quando dalla procura di Roma trapela notizia di una denuncia a carico del sindaco M5s Virginia Raggi per presunte pressioni sull'ex ad di Ama. "Ci aspettiamo le sue immediate dimissioni", contrattacca la Lega. E Salvini rilancia sul piano politico: "E' inadeguata, lasci".

Siri è il primo indagato del governo gialloverde. Come ricordano i Cinque stelle, c'è anche l'imputazione per turbativa d'asta a carico del leghista Massimo Garavaglia, per un episodio risalente a quando era assessore lombardo. Ma questa volta l'accusa è corruzione e entra in gioco il governo. Non solo. La notizia diventa subito materia di scontro tra M5s e Lega, alle prese con una incandescente campagna elettorale e rapporti mai così logori. La corsa leghista verso il voto, temono i salviniani, rischia di essere frenata. Il governo traballa.

L'inchiesta su Siri, nata a Palermo ma ora in procura a Roma, lo accusa di aver ricevuto denaro per far passare una norma (mai però approvata) sulle energie rinnovabili, tramite l'ex deputato di Fi Paolo Arata, a sua volta accusato di avere rapporti con l'imprenditore dell'eolico Vito Nicastri, tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. L'accusa dei pm romani è aver "asservito" con "le sue funzioni e i suoi poteri ad interessi privati".

Ma Siri, che in serata era in Senato per il voto sul Def, racconta di aver appreso dalla stampa la notizia e di aver "letto di nomi" che non conosce: "Sono tranquillissimo, ho sempre rispettato le leggi. E' una vicenda assurda. Chiederò di essere immediatamente ascoltato e denunzierò chi mi abbia rivolto queste ignobili accuse", dichiara.

Passa però solo un'ora dalla notizia d'indagine, quando Di Maio chiede il passo indietro del sottosegretario: "C'è una questione morale", dichiara. E da qui in poi, inizia uno scontro tra M5s e Lega che va avanti per tutta la giornata. "Piena fiducia in Siri, le indagini siano veloci", auspica la Lega, che sottolinea di essere compatta nella difesa. "Lo conosco e lo stimo", dice Salvini, che ricorda di non aver "mai chiesto" il passo indietro dei pentastellati indagati. Il loro è "giustizialismo" a intermittenza. Ma i Cinque stelle invitano il senatore leghista a difendersi nel processo, fuori dal governo.

Toninelli gli ritira le deleghe ma formalmente il passo spetta al premier. "Chiederò a lui chiarimenti e all'esito di questo confronto valuteremo", annuncia Conte, che però fa capire che le dimissioni sono un'ipotesi reale quando ricorda il contratto di governo: "Non possono svolgere incarichi sottosegretari sotto processi per reati gravi come la corruzione", "abbiamo un alto tasso di sensibilità per l'etica pubblica".

In questo clima di tensione, che logora un po' di più l'alleanza di governo, si inserisce il caso Raggi. L'Espresso rivela una denuncia a carico del sindaco da parte dell'ex ad di Ama Lorenzo Bagnacani.

"Devi modificare il bilancio come chiede il socio, anche se ti dicono che la Luna è piatta", intima il sindaco, che non è indagato. "Molto rumore per nulla, non ho fatto nessuna pressione", dice lei. Ma dalla Lega parte subito il fuoco di fila: "Se le intercettazioni sono vere, ci aspettiamo subito le sue dimissioni, in base alle regole M5s", dicono i ministri Erika Stefani e Gian Marco Centinaio. "Una goffa ripicca", replicano i Cinque stelle. Ma Salvini incalza anche sul piano politico: chiede di stralciare la norma Salva Roma dal decreto crescita e chiede a Raggi di lasciare perché "inadeguata".

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