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La riforma degli appalti torna all'Ars, ma sull'ok si accende lo scontro

La riforma del sistema di aggiudicazione degli appalti andrà al voto fra oggi pomeriggio e domani in commissione Bilancio all'Ars. Ma già prima dell'esame del Parlamento sta provocando contrapposizioni durissime.

La riforma prevede di modificare le regole nazionali, applicate anche nell'Isola, di aggiudicazione delle gare di importo inferiore ai 2 milioni eliminando le cosiddette offerte anomale. Oggi i ribassi si aggirano mediamente sul 40% e spesso sfiorano anche il 50%. Col nuovo sistema l'assessore Marco Falcone spera di tornare a medie intorno al 10-20%. In più il nuovo sistema di aggiudicazione si applicherebbe a tutte le gare di importo inferiore ai 5,5 milioni, il 90% di quelle bandite in Sicilia. Oggi invece tutte le gare sopra i 2 milioni si aggiudicano col meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che tiene conto di tanti fattori oltre che di quello finanziario.

Cgil, Cisl e Uil da giorni chiedono al governo di fermare la riforma per evitare che venga introdotto un nuovo metodo di aggiudicazione giudicato poco trasparente. L'Ance, l'Associazione dei costruttori edili, ha acusato i sindacati di voler favorire le imprese mafiose.

E ora è l'intero mondo imprenditoriale che si rivolta contro i sindacati e fa appello al governo per portare a termine la riforma. Ance Sicilia, Cna Costruzioni, Anaepa Confartigianato, CLAAI, Creda, Confcooperative, Legacoop e Casartigiani hanno scritto una lunga lettera in cui definiscono paradossali le affermazioni dei sindacati: “Sembrerebbe quasi non si conoscano effettivamente le problematiche. E poi non è spiegabile come sia possibile, con ribassi così alti, garantire legalità, lavoro regolare ed eseguire tra l’altro lavori a regola d’arte”. Secondo le associazioni degli imprenditori solo aziende non sane o che sfruttano il lavoro nero possono permettersi di vincere gare dimezzando il prezzo a base d'asta: “Con le regole attuali il settore è vulnerabile, perché propenso all’insorgenza di condotte illegali”. Inoltre gli imprenditori segnalano che “è necessario garantire ed aumentare il numero dei partecipanti alle singole procedure pubbliche anche negoziate, al fine di favorire la più ampia partecipazione concorrenziale evitando che molte imprese rimangano fuori dal mercato. Non è possibile favorire una selezione indiscriminata di imprese partecipanti alle singole procedure, non garantendo i principi di rotazione né tantomeno l'accesso libero alle procedure di gara, questi sono gli elementi che garantiscono legalità e trasparenza”.

Gli imprenditori si raduneranno venerdì a Caltanissetta per discutere dei problemi. Intanto però il nuovo attacco delle imprese ai sindacati non va giù al leader della Uil, Claudio Barone: “L’Ance Sicilia ha sperimentato sulla sua pelle quanto sia pesante il condizionamento mafioso sugli appalti. Le associazioni datoriali adesso devono scegliere se proseguire in un’azione di lobbyng non trasparente verso un'Assemblea regionale che ha difficoltà a legiferare in maniera lineare, con rischio di stravolgenti emendamenti a sorpresa, oppure aprire finalmente un confronto con le organizzazioni sindacali sui legittimi interessi che noi rappresentiamo. Se si vuole abbandonare la pratica dell’insulto per evitare di affrontare i problemi veri, la Uil ribadisce di essere disponibile al confronto purché si mettano tutte le carte in tavola. Viceversa non intendiamo tollerare atteggiamenti diffamatori in un settore già troppo funestato da un deficit di legalità”.

Il leader della Uil ha sottolineato che “siamo sempre contrari a modificare le regole nazionali tramite una legge regionale sugli appalti che aumenta a dismisura i margini di discrezionalità nell’affidamento dei lavori. Così facendo, infatti, non ci sarebbe trasparenza, non si risolverebbe il problema dei ribassi anomali ma aumenterebbe il subappalto, il mancato rispetto dei contratti e il lavoro nero”. Infine Barone ha rilevato che “già oggi il quadro è drammatico. Troppe aziende che vincono gli appalti non si assumono la responsabilità di svolgere direttamente le attività e di portarle a termine garantendo i lavoratori. Creano, invece, una condizione ingestibile con l’affidamento a terzi, procedure fallimentari, licenziamenti e opere incomplete. Va modificata e migliorata la normativa nazionale ma una cattiva legge regionale rischia di essere ancora peggio”.

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