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Alta tensione nel Governo, la Lega minaccia di non votare il reddito di cittadinanza

Tira aria di crisi, nel governo. E il reddito di cittadinanza torna in bilico, con la minaccia della Lega di non votare la misura di bandiera M5s. Proprio mentre Giuseppe Conte, dal salotto di Porta a porta, annuncia che giovedì il Consiglio dei ministri varerà un decreto unico sul reddito e quota 100 sulle pensioni, Matteo Salvini lo gela. Il leader leghista denuncia che il M5s ha dimenticato i disabili: non c'è l’innalzamento delle pensioni d’invalidità e mancano misure per le famiglie con disabili a carico. Si ponga rimedio o, trapela, la Lega non volerà il testo. «Anche questa volta risolveremo», commenta sbigottito Conte. Ma questa volta il reddito solo un sintomo di tensioni nel governo.

E diventa 'ostaggiò dello scontro durissimo sul tema dei migranti. Conte non si rimangia il suo personale impegno a prendere in
Italia i bambini e i genitori fermi al largo di Malta. E Salvini risponde nel modo più duro possibile: è disposto a mettere in gioco la vita stessa del governo, lascia intendere, se ciascun ministro «non si occupa dei suoi temi». Poi, la controffensiva.

Sul reddito di cittadinanza, che fino a pochi minuti prima sembrava avviato verso l’approvazione, Salvini alza il tiro: esige che si favoriscano le famiglie e che si intervenga oltre che sulle pensioni minime, anche sulle pensioni di cittadinanza. Conte sembra spiazzato: mentre lui interviene a Porta a porta i tecnici sono riuniti a Palazzo Chigi nel pre-consiglio che deve dare le ultime limature al testo. Ma il premier fa buon viso: «Nel decreto c'è grande attenzione ai disabili ma se ci sono problemi ci metteremo al tavolo e risolveremo». Inoltre, a smussare perplessità leghiste, assicura che la misura non è assistenziale: i conti sono stati fatti per bene e si è creata - spiega - una sinergia tra centri per l’impiego pubblici e privati e l’Anpal in modo da incentivare la ricerca del lavoro.
I posti non si creeranno «per magia», ammette, ma se servirà si potrà tornare a intervenire con correttivi in fase attuativa. Ma
accorgimenti e rassicurazioni non sembrano bastare. Che succede? Che si avvicinano le europee e aumentano i focolai di scontro tra M5s e Lega. E Salvini non accetta di essere scavalcato - neanche dal premier - nella linea dura sui migranti e sulla sicurezza. Conte prova a mediare, smussare, ammorbidire. Si dice «agnostico» sulla Tav, dice no alle trivelle e anche a schedature nella sanità ("Non credo fosse
intenzione del ministro").

Sui gilet gialli manda un segnale distensivo a Emmanuel Macron definendo quello di Luigi Di Maio un intervento da «leader del M5s non da vicepremier». Non si sbilancia sulla legittima difesa. Annuncia il tavolo per l'autonomia con le Regioni per il 15 febbraio. Difende il
decreto sicurezza da «pregiudizi ideologici» dei sindaci, pur dicendosi pronto a un incontro «a breve» con l’Anci e a valutare correttivi in fase di attuazione.

Ma basta una parola sgradita a far scattare gli alleati di governo, con Salvini già «pancia a terra» per concretizzare
nelle regionali e le europee l’onda favorevole dei sondaggi. E così, mentre restano bloccate dai veti incrociati scelte cruciali come quella per la guida della Consob ("Vogliamo fare le cose per bene, la nomina è in agenda a breve», assicura il premier), tornano in discussione anche le attese misure di bandiera. Sul reddito di cittadinanza in giornata fonti M5s fanno sapere che per gli stranieri, come per gli italiani, ci sarà il requisito di dieci anni di residenza in Italia di cui due continuativi.

I Cinque stelle già preparano per giovedì la festa. Ma ora tutto torna in discussione. Se pure il varo giovedì ci sarà, rischia di essere solo il preludio di un percorso parlamentare che già si annuncia accidentato. Con uno scontro che, di ritorsione in ritorsione, potrebbe travolgere la legittima difesa come le riforme e l’autonomia regionale. In un finale di partita tutto da scrivere.

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