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Pd, la "cura choc" di Orfini: "Va sciolto e rifondato, così non può andare"

Matteo Orfini

Cambiare nome al Pd non serve. La cura shock proposta dal presidente del partito Matteo Orfini prevede di stracciare lo statuto del partito per poi "scioglierlo e rifondarlo». Ospite della sesta edizione della festa di Left wing, il presidente Dem non usa giri di parole ed ammette che il partito così com'è «non funziona». «Mi rivolgo a tutti - è l’appello - basta questa distinzione con la società civile, decidiamo insieme la linea politica e la leadership».

Un invito a tutto il gruppo dirigente a mettere da parte i distinguo per lavorare alla costruzione di «una risposta alla sconfitta che sia all’altezza della sfida». La presa di posizione di Orfini arriva al termine di una settimana in cui a tenere banco all’interno del partito è sempre il dibattito su quando tenere il congresso e sopratutto su chi, a parte Zingaretti, correrà per la conquista della leadership. Gli occhi sono puntati sui renziani e sulle 'mossè che metterà in campo Matteo Renzi. Nomi ufficiali ancora non ce ne sono anche se in queste settimane più volte si è fatto quello dell’attuale capogruppo alla Camera Graziano del Rio così come quello della senatrice Teresa Bellanova. In un’intervista alla Stampa l’ex segretario Matteo Renzi non si sbilancia sui nomi, ma sottolinea la necessità che al Pd «serva un leader. E non sono io», ribadisce.

Chi invece ha le idee chiare sul suo futuro è Nicola Zingaretti. Ospite della festa dell’Udc a Fiuggi il presidente del Lazio è tornato a chiedere a gran voce che il congresso del partito si tenga prima delle elezioni europee: «Si è detto che si farà prima e sarà prima. La cosa importante - aggiunge - è cominciare a parlare con gli italiani di nuovo, per dire che si può cambiare, che c'è una speranza da ricostruire, che abbiamo capito che le sconfitte vanno prese sul serio, e cambiare». Per Zingaretti il partito «deve fare opposizione e ricostruire un’alternativa che oggi ancora non c'è».

Tra i sostenitori della convocazione nel più breve tempo possibile del partito c'è anche Francesco Boccia: «Ci sono solo macerie - ammette il deputato Dem - che piaccia o no questa è la condizione in cui siamo nel Pd e nel centrosinistra. Chi prova a negarlo o è in malafede o pensa ancora di salvarsi facendo il figurante». Per Boccia «Serve andare oltre il renzismo. Abbiamo bisogno - spiega - di una discussione forte e netta nei circoli e nelle piazze. E poi potremo riprenderci i nostri elettori che hanno ancora tanta voglia di votare un grande partito riformista. Ben vengano più candidati e soprattutto nuovi iscritti. Ma niente scherzi o rinvii sul congresso: va fatto immediatamente. Il congresso va chiuso assolutamente prima delle Europee e serve a rimettersi in cammino tutti insieme». Lorenzo Guerini invece evita polemiche e ci tiene a ribadire che «il segretario che sarà eletto sarà il segretario del mio partito. L'esponente Dem non nasconde però le difficoltà del momento: «La traversata nel deserto è lunga, è un lavoro culturale, sociale, parlamentare». Tutte proposte comunque non proprio in linea con quella di Carlo Calenda che, all’indomani della disfatta elettorale per i Dem, propose di superare il partito dando vita ad un «fronte repubblicano».

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