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Migranti, l'ex ministro Minniti: "L'Italia non può essere l'Ungheria del Mediterraneo"

Marco Minniti

«L'Italia ha sempre coltivato il dialogo tra Est e Ovest, ma non è mai stata un Paese dell’Est al confine con l’Ovest. Non possiamo diventare un’Ungheria al centro del Mediterraneo». Lo afferma l’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui chiede al nuovo titolare del Viminale, Matteo Salvini, di non distruggere l’attuale modello anti-terrorismo e anti-sbarchi.

Quello attuale è «Il governo dell’ignoto, il contratto, le dinamiche di costruzione della squadra, il profilo politico: tutto dà l’idea di un vuoto davanti a noi» dice Minniti, che evidenzia una «forzatura: Se Salvini e Di Maio decidono tutto, il premier arriva a incontro finito e serve solo per comunicare al capo dello Stato che c'è il governo, allora qui si delinea un punto delicato: il ruolo del presidente del Consiglio. Se il primo atto è un accordo tra capi partito, non c'è nessun cambiamento; c'è il ritorno ad antiche pratiche da pentapartito. Un pentapartito populista».

«Se prometti 50 o forse 100 miliardi di spesa, allora rischi di aver costruito un gigante delle aspettative, con i piedi drammaticamente di argilla. Senza considerare lo slittamento progressivo della collocazione internazionale del nostro Paese», avverte Minniti.

«Non penso solo all’euro. Penso all’idea di società: il pentapartito populista ha un’idea della società chiusa. Chiusa nella dimensione virtuale: il sacro blog. Chiusa nella dimensione fisica: l’idea del confine come separazione dagli altri. La nostra identità contro quella altrui. Tutto questo può portare allo slittamento di valori e di funzione del nostro Paese».

Per l’ex ministro, «la sinistra deve contrastare tutto questo, evitando di cadere in due riflessi condizionati. Fare i vedovi del governo: a ogni dato positivo, rievocare quel che avevamo fatto noi; la trappola della nostalgia. E pensare che il ritorno all’opposizione consenta in modo automatico di recuperare il consenso perduto. Matteo Renzi «ha commesso errori e credo ne sia consapevole. Ora è di fronte a un bivio. Un leader può anche cadere, e nel tempo può anche rialzarsi. Un capo corrente è più difficile che cada, ma se cade non si rialza. Sopravvive. Liberiamoci però dall’idea che le colpe siano sempre dell’altro. La sinistra ha vissuto una rottura sentimentale nel rapporto con il Paese».
Parlando di Salvini e dei respingimenti promessi, «e come si fa? I flussi migratori non si possono cancellare; si possono governare. È quel che abbiamo fatto. Siamo all’undicesimo mese consecutivo di riduzione degli arrivi. Rispetto al primo luglio del 2017 sono arrivati 122 mila migranti in meno», dichiara Minniti.

Quanto ai rimpatri di massa, «furono un punto dirimente della campagna elettorale del centrodestra nel 2001. Finì con la più grande sanatoria della storia: circa 600 mila clandestini divennero regolari».

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