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Liste del Pd, i big candidati in Sicilia:
Boschi a Taormina, Gentiloni a Catania

ROMA. Il premier uscente Paolo Gentiloni e il sottosegretario Maria Elena Boschi, rispettivamente a Catania e Taormina: il segretario del Pd, Matteo Renzi, in vista del voto del 4 marzo fa correre due big in Sicilia.  «Siamo convinti di aver messo in campo la migliore squadra per vincere», ha detto Renzi, in maniche di camicia bianca, spazza con poche parole due giorni durissimi per il suo partito, aprendo la conferenza stampa in cui, cercando di smontare ogni dissapore, anticipa alla stampa le liste dei candidati.

Parla poche ore dopo una tesissima direzione fiume, terminata oltre le 4 di mattina, che ha sancito uno strappo molto duro con la minoranza, che alla fine non parteciperà al voto finale sulle liste. I renziani fanno infatti il pieno, la minoranza si ritrova con tanti esclusi e pochi nomi in lista, in un clima molto pesante, tanto che Massimo D’Alema, dal Salento, sostiene che «in una notte il Pd si è trasformato nel partito di Renzi».

In nottata si diffondono voci di minaccia di scissione, ma Orlando e poi Cuperlo, che rinuncia al collegio di Sassuolo, smorzano i toni, rinviando almeno per ora lo scontro. Lo stesso fa Renzi che taglia corto: «Non è tempo di polemiche come dice Orlando. Ora c'è da fare la campagna elettorale. E io sono d’accordo. Non ci sono stati veti, m'interessano di più i voti». Parole che non calmano l’irritazione degli 'orlandiani' che anzi replicano stizziti: «Va bene ora lo stop a polemiche, ma non è vero che non ci sono stati veti. Ci sono stati veti e mortificazioni che potevano essere evitate. Se c'è una cosa che invece è vera è che Renzi non ha fatto come Bersani nel 2013, perché ha fatto molto peggio».

Soddisfatta invece l’area Franceschini che si vede confermare il suo peso numerico. Al di là dei giudizi delle correnti, la cronaca di ieri notte descrive tutto il travaglio al Nazareno, segnato da ore gli incontri continui.

Dopo l’ennesimo rinvio, i membri della direzione arrivano nella sede alle 22.30, per apprendere l’elenco dei candidati. Ma è ancora attesa. Matteo Renzi compare poco dopo la mezzanotte per chiedere di pazientare. Ma subito avverte: «Le liste non troveranno la totale condivisione, ma è giusto che un’assemblea democratica possa dare la propria valutazione».

Passano altre due ore, nel corso delle quali le minoranze siglano una nota congiunta per chiedere che venga loro concesso tempo per valutare le liste, altrimenti valutano di lasciare la direzione. Alle due e mezzo del mattino il premier Paolo Gentiloni fa il suo ingresso al Nazareno, dove ci sono tutti i ministri Dem: si inizia. Renzi rivendica il lavoro fatto e distilla ottimismo: «Abbiamo una straordinaria occasione di recuperare» nei sondaggi grazie anche alle divisioni del centrodestra». Poi arriva la rottura registrata nel voto.

A parte la difficile partita con le minoranze, resta l’amaro in bocca di un partito alle prese con un passaggio molto difficile, tra promozioni e bocciature che fanno comunque molto discutere. In questo clima, irrompe la protesta del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda che si sfoga su twitter: "Qual è il senso di non candidare gente seria e preparata, protagonista di tante battaglie importanti come De Vincenti, Nesi, Rughetti, Tinagli, Realacci, Manconi. Farsi del male da soli sarebbe incomprensibile». E Renzi, davanti alle telecamere, anche stavolta cerca di smussare nella forma, ma nella sostanza boccia ogni ipotesi di ripensamento: «Quando vai a chiudere un elenco con meno spazi di prima - replica a Calenda - c'è amarezza e dispiacere. Ma è fisiologico e umano il ricambio delle persone. Vedremo cosa fare in caso di rinunce».

Quindi affronta di petto il nodo banche, della candidatura Boschi, andando all’attacco e lanciando una sorta di scommessa: "Sulle banche andremo a dire ai cittadini e ai nostri avversari che abbiamo salvato i correntisti. Avremo Padoan a Siena e sono sicuro che saremo il primo partito ad Arezzo», l’epicentro della vicenda Etruria. «Sono pronto a fare duelli in tv contro Di Maio, Salvini e Berlusconi se si vuole togliere lo sfizio. Questa battaglia sui collegi - conclude spavaldo - vede il Pd in grandissimo spolvero. Abbiamo la possibilità di vincere».

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